Evasione: è la prima con 190 miliardi/anno. Sanità e Scuola seguono a 115 e 60.

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Mario Lettieri e Paolo Raimondi La legge di bilancio è sempre un momento difficile per il governo, per i cittadini e per lo Stato. Soprattutto se l’economia è in profonda stagnazione, a volte dentro, a volte appena fuori da una vera e propria recessione. Quando la crescita non c’è, inevitabilmente c’è scarsità di reddito e, di conseguenza, manca regolare gettito fiscale. Perciò, far quadrare i conti senza un aumento delle tasse, dell’IVA per quanto riguarda il nostro paese, diventa opera di un equilibrista. È una storia vecchia, ma l’Italia non può permettersi un’evasione fiscale ai livelli di una “repubblica delle banane”. L’ultimo studio del Ministero dell’Economia riporta che nel 2016 l’evasione fiscale è stata di 107 miliardi di euro. Secondo la società inglese di ricerca, “The Tax Research LLP”, sarebbe addirittura di 190,9 miliardi di euro. Il totale europeo sarebbe di ben 823,5 miliardi L’Italia è la prima in Europa, seguita dalla Germania con 125,1 miliardi di evasione. È il caso di ricordare che la nostra spesa pubblica per la sanità è di 115 miliardi e quella per la scuola di 60.

Un secondo studio, “The European Tax Gap”, misura il rapporto tra tasse evase e il gettito fiscale. In Italia è del 23,29%. Siamo quarti in Europa, dopo la Romania, la Grecia e la Lituania.

Nonostante che il denaro recuperato dall’evasione sia quadruplicato in poco più di 10 anni, dai 4,4 miliardi del 2009 ai 19,2 del 2019, il problema resta sostanzialmente irrisolto. Rispetto ai totali di evasione menzionati è davvero “parva res”.

Vi è poi l’elusione fiscale, cioè l’utilizzo di tutte le cosiddette “strade legali” e di alcuni trucchi per sottrarsi al fisco. La praticano in particolare le grandi imprese internazionali. Sfruttano i paradisi fiscali, ancora legalmente irraggiungibili dalle autorità degli Stati. Sono noti i casi legali nei confronti, per esempio, di Amazon, Facebook, Google, Apple e di altri giganti del web. Si calcola che l’elusione dei grandi gruppi esteri in Italia potrebbe generare ammanchi di entrate tra i 5 e i 20 miliardi di euro (a secondo delle stime adottate).

A tutto ciò si dovrebbero aggiungere le attività illegali (prostituzione, droga, criminalità organizzata, ecc) che nei calcoli stranamente non sono prese in considerazione.

Il piano annunciato dal governo italiano per la lotta all’evasione dovrebbe portare nelle casse dello Stato 7 miliardi di euro. Ridurre l’uso del contante a favore dei pagamenti elettronici farebbe aumentare il numero delle operazioni tracciate e potenzialmente anche diminuire il numero degli evasori. Aumentare la tracciabilità dei pagamenti è sicuramente importante, ma deve essere accompagnata, meglio se preceduta, dal potenziamento e dalla modernizzazione delle agenzie preposte alla lotta all’evasione. Oggi la grande evasione, purtroppo, corre sempre davanti alle regole e agli interventi dello Stato. Si creano innegabili distorsioni e disuguaglianze tra coloro che si trovano in una condizione che permette di evadere le imposte e quelli che sempre le pagano. Al riguardo è opportuno ricordare che i 17 milioni di lavoratori dipendenti, pubblici e privati, e di pensionati pagano le imposte fino al’ultimo centesimo, in quanto, com’è noto, trattenute direttamente sulla busta paga e sulla pensione.

In Italia vi sono poi 5 milioni di lavoratori autonomi, imprenditori, artigiani e partite IVA che potrebbero, se volessero, evadere anche percentuali significative rispetto al dovuto allo Stato. Secondo alcune stime circa 33 miliardi di euro di imposte sul reddito (Irpef), pari al 63% del dovuto da parte degli autonomi, non arriverebbe al fisco.

Ancora più evasa è l’IVA, l’imposta sugli scambi di beni e servizi. Si stima che ogni anno non sarebbe versata per 35 miliardi di euro. La lotta all’evasione ha tentato sempre di ricuperare l’IVA evasa. Esaminando il flusso degli acquisti e delle vendite si è in grado di ricostruire meglio anche il reddito degli operatori. Ci sembra che la strada sia quella giusta. Si stima che nel 2019 la semplice introduzione della fatturazione elettronica sembra possa produrre un gettito aggiuntivo di IVA superiore a 4 miliardi.

In merito all’uso del contante l’accanimento mediatico ci sembra francamente esagerato e pretestuoso. I pagamenti telematici, bancomat e carte di credito varie, dovrebbero essere introdotti in modo progressivo e accompagnati dalle necessarie semplificazioni degli adempimenti fiscali e, soprattutto, non gravati da alcun costo per gli utenti.

Se la lotta all’evasione e all’elusione è prioritaria per il rilancio dell’economia, diventa urgente migliorare le qualificazioni tecnologiche delle varie agenzie preposte e l’aumento dei relativi organici.

Tutti devono pagare le tasse dovute e contribuire proporzionalmente al bene comune, così come prevede la nostra Carta costituzionale. La lotta contro l’evasione e l’elusione fiscale deve, però, cominciare veramente con i grandi evasori.

Si può ulteriormente accettare supinamente che grandi società operanti in Italia spostino la loro sede fiscale in Olanda per pagare meno tasse? O si deve, invece, pretendere che l’Ue adotti norme fiscali omogenee per tutti i paesi dell’Unione? Questo è il salto di qualità che si chiede all’Europa per avere maggiore credibilità.

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