Ariecco Dugin. La sua bandiera nazionalbolscevica grida guerra ma rivela la debolezza russa

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Alexandr Dugin, primo da sinistra nella conferenza "Nuovi Orizzonti" a Mashhad, Iran, nel maggio 2018. Foto di Tasnim News Agency /wikimedia.org

Ora abbiamo assoluto bisogno di una militarizzazione totale e onnicomprensiva del paese, dello stato, delle persone”: questo l’incipit del commento di Alexandr Dugin pubblicato da RIA Novosti il 7 marzo 2024 (https://ria.ru/20240307/militarizatsiya-1931565800.html ). In realtà la reboante dichiarazione del fanatico ideologo nel nazibolscevismo non contiene nulla di nuovo, e nulla dice che già non stia da tempo avvenendo in Russia. Ma è significativo che sia pubblicata ora in uno degli organi di comunicazione ufficiali del Cremlino. Perché tra febbraio e marzo di quest’anno si sono venute configurando alcune possibilità di aprire qualche spiraglio ad accordi di pace sul conflitto in Ucraina e a conseguenza di tale situazione le parti si sono impegnate nell’usuale a volte burbanzosa, a volte grottesca esibizione di muscoli accampando pretese di essere sul punto di ottenere insperate vittorie o di rilanciare improbabili nuove ondate offensive. Più modestamente Dugin ha voluto ribadire le linee guida della sua ideologia che solo per motivi geografici e cronografici differisce da quella hitleriana. Non sapendo perché l’abbia fatto, cerchiamo di collocarla nel contesto e su tale base di formulare ipotesi che paiono plausibili.

Anzitutto va notato che da qualche tempo quella che all’origine fu denominata “operazione speciale” da parte del Cremlino, ora viene più prosaicamente chiamata col suo vero nome: guerra. La finzione dell’operazione speciale era intesa a sottolineare che si trattava non di un’invasione di un paese sovrano, ma di un’azione di polizia interna, di questa ponendo in rilievo che sarebbe stata assai rapida. In breve s’è visto che senza una più ampia mobilitazione di forze l’operazione rischiava di fallire e sono partiti i reclutamenti su vasta scala, più o meno coatti. E con essi anche l’operazione di carattere ideologico tesa a sollevare nuove ondate di sciovinismo bellico nei ragazzi in età scolare. La svolta putiniana nella direzione del neo zarismo e neo stalinismo da tempo stava prendendo forma: già da prima delle rivolte Euromaidan. Quindi i parafernalia ideologici di cui Dugin chiede ora la messa in pratica in realtà da anni si stanno riversando con lenta ma sicura progressione dalle stanze del potere sulle strade e sui campi russi, nonché sui diversi gangli agganciati soprattutto nelle destre estreme antisistema che covano nell’odiato mondo occidentale.

In breve, i punti ribaditi da Dugin: Europa e Stati Uniti sono coinvolti nella guerra in Ucraina e pertanto quella che la Russia sta portando avanti è una guerra totale contro lo “Occidente collettivo”; non basta la completa militarizzazione dell’industria, tutta la società deve comportarsi come un singolo apparato militare, la Russia deve essere uno “stato militare”; per questo è necessario risollevare l’ideologia nazionalista che deve diffondersi in ogni canale “cultura, informazione, scuola, educazione, nello stato d’animo delle élite e delle masse, nell’atteggiamento psicologico di ciascuno e di ogni giorno”; bisogna riaprire il GlavPUR, il Direttorio politico sovietico principale, ovvero l’apparato di sorveglianza ideologico sulle forze armate e va esteso anche alla popolazione civile e fondandosi sull’ideologia nuova del “patriottismo sovrano… tutta la società va ideologizzata”; gli apparati statali vanno sintonizzati secondo la logica dello stato di guerra; la libertà va soppressa; vanno vietate le critiche “allo stato, alle autorità, agli eroi, al patriottismo, al presidente o alla chiesa”; tutta l’economia va messa in condizioni di guerra “troppo a lungo ci si è focalizzati sull’idea di integrarci col mondo occidentale e con la situazione globale del mondo del lavoro”; lo stesso vale per la finanza, tutti gli scambi internazionali vanno condotti in rubli; bisogna smettere di dipendere dal lavoro di immigrati e favorire una ripresa della natalità interna; bisogna militarizzare la cultura, glorificare gli eroi del presente e del passato, tutti gli eventi pubblici devono cominciare con l’inno nazionale; bisogna cambiare le élite perché quelle che sono emerse negli anni ‘80 e ‘90 sono portatrici dello “spirito della sconfitta [del comunismo sovietico – ndr], di cinismo, egoismo. Corruzione, violenza [sic!], menzogna e tutte quelle qualità che portano in superficie la spazzatura sociale propria del tempo della degenerazione e del crollo”, militarizzati vanno tutti i corpi diplomatici che sono “in prima linea” nello scontro con l’Occidente; lo stesso per i mass-media “anche la pubblicità dev’essere orientata dalle norme adeguate al periodo di guerra che si sta attraversando”, la vita di tutti i giorni va militarizzata, bisogna “riformare la psicologia della persona della strada” di ogni età , genere, status sociale e professione; “rafforzare la vigilanza dei servizi segreti, degli apparati di polizia, dei cittadini tutti verso coloro che danno segni di comportamento russofobico, pro-ucraino o liberale”.

Dugin conclude: “tutto questo potrebbe apparire grottesco, eccezionale e duro. Sì, forse. Perché troppo a lungo siamo vissuti secondo una visione distorta del mondo, di noi stessi, dell’Occidente e del suo universalismo”. Ora “bisogna svegliarci”.

Chiunque può notare la drammatica somiglianza di tale discorso con quelli che solevano portare avanti personaggi quali Hitler o Mussolini negli anni Trenta del secolo scorso. Ancora, poiché è da tempo che la Russia putiniana si muove in questa direzione così affabilmente tracciata da Dugin, che bisogno aveva costui di ribadire il suo peraltro noto orientamento ideologico e di farne l’oggetto di tanto accorato appello?

Be’, l’unica spiegazione che troviamo è che Dugin tema che a fronte dello stallo da qualche mese verificatosi in Ucraina si stiepidisca l’impegno putiniano alla guerra. Notevole è la sua richiesta di un cambio radicale nelle élite di potere di Mosca: sembra questo il nocciolo della questione. Dugin teme che anche nella cerchia vicina al presidente vi sia chi è favorevole a concludere la guerra e a raggiungere un accordo con l’odiato occidente. E allora suona i suoi tamburi di guerra. Lo fa con solerzia, impegno, con la fanatica convinzione che gli è consueta e che tanta ammirazione ha destato nelle estreme destre occidentali. In pratica Dugin richiede che la guerra in Ucraina sia l’innesco della terza guerra mondiale, convinto com’è che la Russia possa essere il nuovo centro del mondo e che l’“Occidente collettivo” possa essere sconfitto, soverchiato e sostituito da un nuovo impero russo.

Nessuno riuscirà a convincerlo che la Russia proprio con l’avventura ucraina, fallita nei suoi intenti di genesi a pochi giorni dall’inizio, ha dimostrato di contare sempre meno nel mondo. E che se lui vuole veramente continuare a illudersi di poter sovvertire il mondo occidentale, dovrebbe iscriversi al Partito Comunista Cinese e cercare di far carriera lì dentro, sempre che lo lascino entrare.

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