E tutto questo si traduce in potere, in assetti geopolitici, in influenze strategiche.
Che cosa è in ballo nel conflitto ucraino? I manifestanti a Kiev che hanno messo la loro vita in pericolo per l’idea di libertà e prosperità occidentale, che hanno scoperto i depositi di tesori nascosti di Viktor Yanukovich, le decine di automobili di lusso nascoste nel suo museo privato, la reggia strepitosa e l’opulenza che lo circondava, giustamente si attendono un mondo migliore, una situazione di maggiore trasparenza, di ridotta corruzione, di economia funzionante, di giustizia sociale….
Forse nella mente delle persone che sono scese in piazza a Kiev ci sono le manifestazioni che nel novembre 1989 abbatterono il Muro di Berlino. Ma quando c’è tanto movimento di piazza e gli animi si accendono, regna la confusione e la violenza può prendere strade le più diverse. E agli occhi dei Russi e dei filo-russi tutto è molto diverso.
Per esempio Natalia Vitrenko, presidente del Partito Socialista Progressista di Ucraina (PSPU), proclama: “Gli USA e l’UE dovrebbero sapere che i partiti politici e i movimenti che hanno preso il controllo, tra i quali vi sono forze neo-naziste (quali Svoboda e il Settore di Destra), proclamano di star portando avanti una rivoluzione” sulla base di slogan truculenti quali “l’Ucraina agli Ucraini, fai fuori i Russi…”. Personaggi come la Vitrenko affermano che attorno alla crisi ucraina può scoppiare un conflitto globale, la terza guerra mondiale, e accusano gli Stati Uniti e l’Unione Europea di fomentare gli estremisti per strappare l’Ucraina dalle mani di Mosca.
È la guerra delle parole, che necessariamente accompagna qualsiasi conflitto.
Guardando a fatti più solidi, inevitabile pensare che in Crimea ci sono basi della Marina militare e anche dell’Aviazione militare russa. Da quando è cominciato il processo di indipendenza ucraino, vi sono stati tentativi di “nazionalizzare” tali basi, ma Yanukovich ha stilato accordi che prevedono di protrarre per molti anni la permanenza della flotta russa in Crimea. Flotta che si sta modernizzando e rafforzando, nel contesto della rinascita della proiezione della potenza russa nel mondo lanciata da Putin. Proiezione di potenza che ha conosciuto recentemente un punto di svolta importante con la posizione assunta da Putin sulla crisi in Siria. Come si ricorderà, Putin fermò l’intenzione americana di intervenire per rovesciare Assad, come già fece a suo tempo con Saddam Hussein in Iraq. Putin si pose come mediatore tra Bashir al-Assad e Washington ed ebbe successo. Da allora la Russia ha riacquisito un poco del peso di superpotenza che aveva quando era l’elemento fondante della vecchia Unione Sovietica. Non lascerà facilmente questo ruolo. La flotta russa di stanza in Ucraina è quella che agisce nel Mediterraneo ed è quindi rilevante ai fini del peso geopolitico russo su quest’area.
In tali circostanze, come potrebbe la Russia di Putin accettare che l’Ucraina si stacchi ed entri nell’Unione Europea, magari addirittura nella NATO, portandosi con sé le basi strategiche russe in Crimea?
La protesta di popolo assume subito un senso strategico, diventa un problema di relazioni internazionali. Qualcuno richiede l’aiuto fraterno di Mosca… Uno scenario già visto. L’ultima volta in Afghanistan. Invasione nel dicembre 1979: le truppe di Mosca subito conquistano Kabul, rovesciano il regime islamista di Amin, sembra che la guerra sia vinta in pochi giorni. In realtà fu solo l’inizio della guerra: lunga, fatta non di bombardamenti che stravolgono le truppe avversarie ma di incursioni, di guerriglia dalle mille insidie. Dopo sei anni i sovietici, sfiancati, demoralizzati, impoveriti dallo sforzo economico si ritirano. La sconfitta in Afghanistan sarà una delle principali cause del crollo del loro impero, insieme con la predicazione del Papa Giovanni Paolo II, insieme con l’attrito tecnologico dell’Iniziativa di difesa strategica (volgarmente nota come “guerre stellari”) del Presidente Ronald Reagan. L’Afghanistan rivelò la debolezza intrinseca dell’impero sovietico, i suoi piedi d’argilla.
L’Ucraina è diversa: è vicina, e la Crimea è piena di Russi. Ma, Crimea a parte, una popolazione che in prevalenza contraria a Mosca. Se per ipotesi avvenisse un conflitto, sarebbe tragico per l’Ucraina, ma sarebbe anche disastroso per la Russia, dove la maggioranza della popolazione è contraria a un conflitto con il vicino.
Per questo Putin da un lato non può cedere le proprie basi strategiche agli Ucraini, ma dall’altro non può permettersi un vero e proprio conflitto che lo depaupererebbe e lo delegittimerebbe a livello internazionale, offrendolo alla graticola massmediale ovunque nel mondo. Cercherà l’accordo con gli USA.
A livello strategico si trovano le soluzioni. Un precedente: quando Castro prese il potere a Cuba strappandolo al fantoccio americano Batista, nell’isola, divenuta comunista e satellite di Mosca restò la base navale statunitense a Guantanamo, e tuttora vi resta. Probabilmente finirà così anche per la Crimea.
In pratica, sulla crisi ucraina si può stabilire una dinamica di dialogo tra “superpotenze”, USA di qua, Russia di là.
E l’Europa? È inevitabilmente avviata ad accogliere l’Ucraina al proprio interno.
L’Europa già debole, già economicamente provata, già incapace di assumere una posizione netta sullo scenario politico e strategico del mondo. Si prepara ad accogliere un Paese profondamente provato dallo scontro, non ancora uscito dai settant’anni di stillicidio comunista. Un popolo che si aspetta pane, lavoro e libertà: si prepara ad accoglierlo mentre il verbo dominante in Europa è austerità, compressione dei salari, disoccupazione. Quale può essere l’effetto? Aumento della disoccupazione, ulteriore riduzione dei salari già bassi per effetto dell’aumento degli immigrati, aumento della paranoia anti-immigrati.
In Ucraina, le liberalizzazioni che saranno imposte dall’Unione Europea favoriranno l’emergere di dieci, cento, mille Yanucìkovich mentre ridurranno ancora i livelli di vita, provocando un nuovo shock tra la popolazione. E anche qui, potranno emergere nuove ondate antieuropeiste.
La Russia, se Puntin sarà astuto, come del resto è sempre stato, si rafforzerà. Ma si rafforzeranno anche gli USA, che vedranno ridotto il peso della concorrenza europea…
Tutto questo è uno scenario. Possibile, non inevitabile.
Ma quando prevale la logica dello scontro invece che della collaborazione, c’è sempre qualcuno che perde. E questi sono innanzi tutto i popoli coinvolti nel conflitto. E poi le istituzioni che li rappresentano, a partire dall’idea di un’unione sempre più perfetta tra i popoli europei. E qualcuno che vince: quei pochi che dal conflitto credono di potersi avvantaggiare sul breve periodo rafforzando posizioni di potere economico. Per esempio: le compagnie petrolifere statunitensi che da tempo stanno penetrando i mercati est europei tra l’altro alla ricerca del petrolio o del gas di scisto che oltre Oceano ha dato una nuova indipendenza energetica. E quindi anche un nuovo potere contrattuale nei confronti dell’Europa, da sempre dipendente dalle importazioni di petrolio e di gas, che, com’è noto in gran parte arriva dalla Russia, attraverso l’Ucraina.Se invece dovesse prevalere la ragione, si potrebbe pensare di allacciare una nuova collaborazione tra Europa Occidentale e Russia per lo sviluppo della Siberia. E allora l’Ucraina potrebbe indirizzare la propria economia a favorire questi scambi collaborativi tra Europa e Russia.
Ma l’ipotesi più razionale e ragionevole è sempre quella meno probabile. La storia è mossa da forze occulte e poderose. I dietrologi con fantasia non esente da paranoia sempre vi attribuiscono nomi e cognomi. Più in generale si potrebbe semplicemente dire che queste forze oscure, sono l’egoismo umano. Che ragiona solo sul breve periodo e non vede che a lungo andare qualsiasi briciolo di potere in più accumulato da qualcuno, diventa una montagna di miseria in più che grava sulle spalle delle nazioni.
Il costo del conflitto in Ucraina verrà probabilmente sostenuto, oltre che dal popolo ucraino, dalle prospettive di rafforzamento dell’Unione Europea.
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