Una pubblicazione interdisciplinare affronta a tutto campo i problemi dell’ambiente urbano e dei suoi effetti sulla salute delle persone. Il Trattato Italiano di Medicina d’Ambiente, edito dalla Società Editrice Universo (SEU) di Roma, trova le sue ragioni scientifiche nella transizione ambientale e nella tutela sanitaria delle nostre Comunità cittadine, a compendio e complemento dell’opera della Medicina del Lavoro e della Medicina Preventiva dei Lavoratori.
Perché un Trattato? Perché una denominazione editoriale altisonante? Anche al lettore più esperto della disciplina ambientale potrebbe apparire non in linea con i tempi che viviamo, di acquisizioni tanto veloci nel manifestarsi quanto rapidamente spazzate via nella una tumultuosa compressione dello spazio e del tempo. Un lavoro in apparenza anacronistico, da incastonare in altri periodi della Storia della Medicina, dal momento che il web ci ha aiutato ma anche viziato a cambi di prospettiva quasi quotidiani?
Il problema è che, elevate al rango di cognizioni, le informazioni, al ritmo e nei riti di internet che tutto pretende di soddisfare, hanno privato soprattutto i giovani del metodo formativo, basandosi solo sulla velocità informativa alla quale nessuno, quasi fosse una sorta di obbligo sociale, resta indifferente, pena sentirsi emarginati.
Non temiamo la presunzione quando affermiamo che questo Trattato possa invece colmare qualche lacuna scientifica e ridare smalto all’investigazione sistematica in tema di ambiente malato. La messe più che cospicua di denunce ambientali, di verifiche dei guasti perpetrati nei tanti decenni ci ha distolto dall’approfondimento del metodo analitico, ci ha allontanato dalla sintesi e ha relegato la materia di studio al rango di cronaca.
Il ruolo dei media nella comunicazione scientifica in tema di ambiente
Questo Trattato, frutto della collaborazione di studiosi di ben 11 Università ed esperti in più Discipline (Fisiopatologia, Clinica, Immunologia, Epidemiologia, Urbanistica, Diritto Europeo, Diritto Costituzionale, Diritto penale) è rivolto in prima battuta agli addetti ai lavori, alle pubbliche amministrazioni, alle Università, ecc. Affronta in modo sistematico il più complesso dei problemi: quello delle condizioni ambientali di cui con sempre maggiore affanno si dibatte anche sui mass-media, spesso purtroppo senza un’adeguata preparazione e senza le necessarie cognizioni.
Per questo il Trattato si propone anche di colmare un vuoto: in una sola opera sono riassunte e scandagliate in modo scientificamente fondato tutte le principali problematiche che riguardano le condizioni di salubrità dell’ambiente in cui viviamo. Nel momento in cui le Istituzioni Europee e Italiane affrontano la fase della transizione ecologico-energetica con le Raccomandazioni Europee sull’Energia, 50 Capitoli, dispiegati su circa 800 pagine, sviluppano la classificazione degli inquinanti dell’aria urbana, del suolo e delle acque, le patologie che ne derivano, le problematiche legate all’urbanistica delle grandi e piccole città, la fenomenologia in evoluzione del trasporto e del traffico e infine la legislazione in materia di protezione ambientale delle comunità e dei luoghi di lavoro.
I miti da sfatare
L’ausilio di una trattazione sistematica che riteniamo completa anche se perfettibile si manifesta appieno nella eradicazione di alcuni miti da sfatare.
Malgrado le 26 COP (Conferences of Parties) abbiano decretato con dovizia di report IPCC (Intergovernmental Panel on Climatic Change) e OMS, il progressivo aumento della temperatura planetaria, c’è chi ancora resiste e si appella al concetto di una fase di transizione, una sorta di preglaciazione, ciclica e naturale del nostro pianeta.
Perché tanta preoccupazione?
La Fig. 1 indica che all’aumento della temperatura terrestre non corrisponde un aumento parallelo della radiazione solare che invece di aumentare tende a diminuire. Ergo sono le attività antropiche e non quelle bio-atmosferiche a determinare il trattenimento del calore, l’effetto serra. L’anidride carbonica (CO2) è aumentata fino a 415 parti per milioni (ppm) il 15 maggio 2019. Il paragone con l’epoca preindustriale ci suggerisce che allora era attestata sulle 280 ppm. I dati sono quelli pubblicati quotidianamente sul proprio sito dal Mauna Loa Observatory nelle Hawaii. Il metano (CH4), altro gas serra che continuiamo a invocare come gas salvifico e consumare per riscaladare i nostri appartamenti, ha raggiunto quota 1.870 parti per miliardo (ppb). Era di 750 ppb nell’epoca preindustriale.
La risposta è: le attività antropiche stanno diventando la coperta di lana che trattiene il calore senza disperderlo. Il calore prodotto provoca accelerazione dei fenomeni convettivi nelle nostre città che si comportano come un termosifone in cui il calore che sale tende a raffreddarsi e riprecipitare sotto forma di pioggia. L’estremizzazione del clima e non la sua tropicalizzazione determina i fenomeni uraganoidi.
Fenomeni fisico-chimici soltanto?
Se così fosse ci limiteremmo a registrare fenomeni fisici, anche gravi, come alluvioni, bombe d’acqua, urgani, tornadi, windshear, macroburst etc. Fenomeni che l’OMS ha definito responsabili per la morte di circa 500 mila persone l’anno. Ma questa cifra si somma a un’altra ben più consistente. Ben 8 milioni di persone decedono ogni anno per malattie dovute all’inquinamento atmosferico. Bronchite, Asma, Enfisema: e non solo queste!
La Fig. 2 indica con chiarezza che le malattie broncopolmonari indotte dall’inquinamento aereo favoriscono anche altre patologie: i decessi per cause cardio-circolatorie.
Il sistema cardio-respiratorio è quel concerto di apparati (nasale, respiratorio e cardio-circolatorio) che sono il powertrain dell’essere vivente.
Nel Trattato i danni da inquinanti sono analizzati, con dovizia di esperienze clinico-sperimentali perché sia superato ogni dubbio sul nesso causale tra inquinante e malattia, dapprima epiteliale e quindi endoteliale. Nessuno sfugge all’inquinante, neanche nell’angolo più ridotto del domicilio o nel minimo abitacolo della vettura, come vedremo più avanti. Da quanto sopra, emerge che il Tratto Respiratorio Integrato, naso+bronchi, è solo la canna di fucile che virus, batteri, funghi, allergeni e gas tossici utilizzano per colpire il vero bersaglio, l’endotelio, e creare le premesse per la patologia cardio-respiratoria. L’endotelio appare sempre di più organo vitale ma sostanzialmente indifeso, specie quando, agli insulti esterni, l’uomo associa un incongruo stile di vita o di alimentazione. La struttura endoteliale appare la chiave di volta del rapporto uomo-ambiente, ci svela il mistero dell’epidemia di morti vascolari, ci rivela il mezzo per sopravvivere.
Si configura così un altro mito da sfatare.
Quali sono i soggetti a rischio inquinamento? La ovvia risposta “ tutti” ci obbliga a una cambio di paradigma. Ossia, la distribuzione ubiquitaria degli inquinanti colpisce le Comunità e non solo i singoli soggetti.
Perché va in crisi il modello urbano? Non solo SARS
Perché il cambiamento climatico rende impossibile la vita nelle aree rurali per la siccità e l’impossibilità di coltivazioni estensive, perché la città è attrattiva con il suo modello di vita e di lavoro e perché offre opportunità di beni e servizi.
L’urbanizzazione, fenomeno impetuoso del XX secolo, ha portato al modello delle megalopoli di tipo asiatico, con una densità talmente alta da sfiorare l’assembramento, l’estrema vicinanza di soggetti, e pertanto l’estrema diffusibilità di virus e batteri. La pandemia, e non solo di SARS-2, è dunque ormai sempre dietro l’angolo.
Ripensare il modello urbanistico, a partire dall’unità fondamentale dell’Urbs, l’edificio, è la sfida del futuro, visto che è ormai asseverato il ruolo della Sindrome dell’Edificio malato. Si prenda ad esempio il modello del grattacielo, per anni simbolo di avanzata architettura e di progresso. In realtà è il modello meno sostenibile, quanto a costi del ricambio aereo nei piani più alti dove il circuito aereo è chiuso, quanto a costi elevati per il ricambio idrico di input e output, e quanto all’elevatissimo dispendio energetico non solo per la climatizzazione ma anche per gli intrinseci consumi di elettricità.
Questi sono alcuni esempi degli argomenti trattati in modo sistematico. Qualcosa che va aldilà della comunicazione ipersemplificata cui ci hanno abituato i media: ghiacciai che si sciolgono, aumento del livello del mare, temperature elevate, nonfateuscirebambinieanzianiduranteleorepiùcalde.
La comunicazione in tema di ambiente deve essere completa e circostanziata, formativa e non solo informativa.
Nella fase delicatissima in cui ci troviamo – ove la pandemia ha trovato pabulum perfetto per propagarsi – questo Trattato, dedicato anzitutto agli studenti universitari, specializzandi e dottorandi delle Facoltà di Medicina, Giurisprudenza e Architettura, si addentra nella ricerca di sintesi tra Salute e Ambiente del mondo urbanizzato senza trascurare la tutela della salute nelle Comunità Sensibili (detenuti e migranti). Ma, proprio in virtù della sua composizione pluridisciplinare, è adatto anche a una più vasta readership interessata ai temi ambientali, quali per esempio le pubbliche amministrazioni, soprattutto a livello urbano e regionale, e in generale a tutti coloro che desiderano formarsi un bagaglio di conoscenze atto a trattare il problema dell’ambiente in relazione alla salute
L’Opera segna il primato della formazione scientifica interdisciplinare sulla comune informazione. Non offre soltanto la trattazione sistematica delle patologie da ambiente ma indica la road-map per la prevenzione della salute collettiva. Traccia le possibili soluzioni urbanistiche e i meccanismi, anche multilivello, di individuazione del danno e delle sanzioni giudiziarie. Perché vi sono anche mezzi di difesa che lasciano un margine di ottimismo difensivo.
Un ultimo pregio del Trattato e della Collana Ambiente SEU, di cui il Trattato è il prodotto editoriale più recente: questi volumi hanno il preciso scopo formativo di una nuova cultura che assuma la tematica ambientale nella sua totalità: perché ci si possa formare in un contesto di alta specializzazione che favorisce anche la creazione di nuove figure professionali che lavoreranno in questo nuovo ambiente globale, operando nelle sue quattro componenti fondanti: le discipline Chimica, Clinica, Urbanistica e Giuridica.
Solo con questo livello di alta formazione potremo creare figure professionali idonee a trattare l’Ambiente, nella sua reale complessità, nel modo più scientifico possibile.
Per prenotazioni redazione@roma-seu.it; 06- 4402053
Editor Prof. Aldo Ferrara, Università di Siena, cell. 3356088705
In foto: Baltic Sea – Bathymetry – 1:3’000’000 https://atlasofplaces.com/research/baltic-sea-bathymetry/