STOLPERSTEINE: PIETRE D’INCIAMPO

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Per la Giornata della Memoria 2017

Intervista all’arch. Andrea Morpurgo

di Michela Beatrice Ferri

In vista della Giornata della Memoria 2017 (27 gennaio) , il Consiglio Regionale delle Marche e il comune di Ostra Vetere hanno promosso l’installazione da parte dell’artista tedesco Gunter Demnig di una Pietra d’Inciampo nel selciato di Via Mazzini, di fronte al civico 48, in memoria di Gaddo Morpurgo, in data Venerdì 20 Gennaio 2017. Gaddo Morpurgo nacque a Gorizia, e venne arrestato ad Ostra Vetere e in seguito fucilato dai nazifascisti presso l’aeroporto di Forlì nel 1944. Abbiamo intervistato Andrea Morpurgo, pronipote di Gaddo.

Anzitutto, chi era Gaddo Morpurgo e qual è stata la sua vicenda di vita?

[caption id="attachment_8211" align="alignright" width="181"]Gaddo Morpurgo Gaddo Morpurgo[/caption]

Gaddo Morpurgo è l’unico ebreo italiano fucilato il 5 settembre 1944 nel campo d’aviazione di Forlì. Tutto era cominciato l’8 settembre 1943: con la caduta del fascismo e il conseguente inasprimento delle leggi razziali il mio bisnonno Attilio, agiato e intraprendente commerciante nonché presidente dell’antica comunità ebraica di Gorizia, aveva capito che la situazione era ormai diventata molto pericolosa e che non era più possibile rimanere in città. Insieme alla moglie Maria Treves, la governante Gina Viterbo e il figlio ventitreenne Gaddo decise quindi di cercare rifugio nelle Marche, dove riteneva di poter trovare una situazione più sicura.

[caption id="attachment_8212" align="alignnone" width="598"]Morpurgo 1 Maria Treves e Attilio Morpurgo, madre e padre di Gaddo[/caption]

Nel frattempo l’altro figlio Giulio, mio nonno, era scappato a Roma e lì aveva trovato la salvezza, nascondendosi in un albergo insieme ad antifascisti e ufficiali badogliani. Purtroppo i calcoli di Attilio non fecero i conti con le frequenti delazioni che gli ebrei subivano in quei giorni. Il 7 dicembre 1943 vennero arrestati da militi e carabinieri e internati nel campo di concentramento di Senigallia presso la colonia Unes-Enel.

Poco dopo Gaddo fu trasferito nelle carceri di Pesaro e poi di Urbino, mentre i genitori furono internati a Senigallia. Nell’aprile del 1944 venne giudicato idoneo al campo di concentramento dalle autorità sanitarie pesaresi.

[caption id="attachment_8214" align="alignnone" width="725"]Gaddo Morpurgo nel campo di lavoro. Gaddo Morpurgo nel campo di lavoro.[/caption]

Gaddo chiese di ricongiungersi ai genitori e, da parte sua, il padre aveva perorato il trasferimento del figlio presso la stessa struttura già nel febbraio precedente. Ciò non avvenne in quanto il questore di Pesaro non riuscì a comunicare con l’omonimo ufficio di Ancona a causa degli eventi bellici. La situazione conobbe in breve tempo una svolta drammatica: le carceri di Urbino erano in via di sfollamento a causa dei bombardamenti e il giorno 5 agosto il questore dispose la scarcerazione del detenuto e il suo ritorno in stato di internamento. Convinto come altri ebrei di essere più sicuro tra le mura dell’ospedale, Gaddo si fece subito ricoverare. Ma il 12 agosto venne arrestato dai tedeschi e trasportato da Urbino al carcere di Forlì: il 5 settembre venne prelevato da un commando delle SS e fucilato nel campo di aviazione.

Parallelamente alla storia di Gaddo vi è quella di Attilio, suo padre. «Armistizio. Gioia fugace, nel primo momento tutti speravano nella pace poi…»: con queste parole iniziava un diario in cui registrò gli eventi di quei terribili anni. È un racconto di cui sono protagonisti tanti italiani, non tedeschi. Parla di carabinieri onnipresenti, di fascisti che vanno a vedere gli ebrei del campo di concentramento come «bestie rare» e di suore che rifiutano ai fuggiaschi una minestra.

[caption id="attachment_8213" align="alignright" width="300"]Una cartolina inviata da Gaddo al padre Attilio da Urbino. Una cartolina inviata da Gaddo al padre Attilio da Urbino.[/caption]

Di un medico provinciale, della cui visita Gaddo si dice in attesa in ogni lettera scritta al padre, che alla fine scriverà su un foglio «abile» al concentramento. Di proprietari dell’appartamento affittato, gente affabile all’inizio del diario, ma che alla fine, per aver custodito alcuni valori, chiederanno un riscatto di 40 grammi d’oro. Del «famigerato» Galeazzo Titti, il fascista che aveva arrestato Gaddo e che, incarcerato dopo la liberazione, cercherà di uscirne invocando il perdono di Attilio, scaricando ogni responsabilità su un maresciallo e dichiarando di essere stato solo un semplice «esecutore d’ordini». Dopo la guerra Attilio continuerà a cercare il figlio. Non saprà mai che Gaddo era stato fucilato. Non otterrà mai la restituzione del suo corpo e nessuno lo metterà sulle tracce di quei loculi del cimitero di Forlì, segnati dalla P e dalla X, che ne custodivano le spoglie. Oltre la perdita del figlio, tornato a Gorizia, Attilio apprenderà che le due sorelle erano state deportate e uccise ad Auschwitz e che anche la comunità ebraica di Gorizia, di cui aveva a lungo sofferto la lontananza, non esisteva più.

Come è nata l’idea di contattare Gunter Demnig per una “Stolperstein” in ricordo del suo prozio?

L’iniziativa è stata promossa dal Consiglio regionale delle marche, in collaborazione con il Comune di Ostra Vetere. Tengo a sottolineare che, oltre all’inaugurazione ufficiale della pietra d’inciampo, il 20 gennaio è stato presentato lo splendido progetto “La memoria ritrovata: il dramma di Gaddo Morpurgo durante la seconda guerra mondiale” curato dagli studenti e dalle insegnanti delle Seconde classi della Scuola secondaria di primo grado di Ostra Vetere, guidate dallo storico Marco Labbate. Si è riusciti in tal modo a dare un senso, concreto, condiviso e non retorico alla Giornata della Memoria.

Come riesce una famiglia a portare il peso della memoria, il ricordo di una persona scomparsa in quel determinato periodo storico?

Più che un peso, penso si tratti di una volontà di conoscenza, che nel mio caso ha portato a indagare un triste capitolo di storia familiare. Quando passo per Forlì mi fermo sempre al cimitero. Lì c’è una lapide con una lunga lista di nomi di ebrei fucilati, tra cui quello di Gaddo. Questo mio personale e laico “pellegrinaggio” è stato però possibile solo a partire dal 1992, anno in cui venni a sapere che la rivista forlivese “Una Città” aveva promosso una serie di iniziative riguardanti un eccidio di ebrei rimasto per lunghi anni dimenticato. Collegai subito quella storia alle drammatiche pagine del diario scritto dal mio bisnonno Attilio e alle disperate lettere di suo figlio Gaddo. Si riuscì in tal modo finalmente a ricostruire gli ultimi giorni di Gaddo, dando quindi una “conclusione” a una storia di «morte presunta» durata più di 40 anni.

In famiglia come riuscite a ricollegarvi, sempre, quotidianamente, nonostante il passare delle epoche, alla Storia?

Ritengo che, più che una dinamica familiare, si tratti di un atto individuale che ho sempre praticato, rileggendo le esperienze passate così come ci suggeriva il filosofo e sociologo francese Maurice Halbwachs: la memoria conserva il passato solo al prezzo di una sua costante riformulazione, e quest’ultima risponde in ogni istante alle necessità attuali dell’identità di un gruppo. Selezionando e filtrando dalle tracce che il passato ha depositato, possono scaturire le immagini che più rispondono al progetto che ci si propone di realizzare.

Di che cosa si occupa in quanto Architetto e in che modo il Suo lavoro è legato alla Storia, alla Memoria?

Sono architetto, storico dell’architettura e insegno allo IED, Istituto Europeo di Design di Madrid. Dopo la laurea all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia mi sono dottorato in Storia dell’Architettura e dell’Urbanistica presso il Politecnico di Torino con una tesi riguardante gli spazi di sepoltura ebraici, che ha portato alla pubblicazione del libro Il cimitero ebraico in Italia. Storia e architettura di uno spazio identitario (Quodlibet 2014). Ho insegnato per molti anni storia dell’architettura nelle facoltà di architettura di Cesena e di ingegneria di Bologna, ho collaborato assiduamente a progetti di restauro di tombe e cimiteri ebraici e sono stato consigliere della Fondazione per i Beni Culturali Ebraici in Italia.

http://www.stolpersteine.eu/

Come nascono le Stolpersteine

L’artista tedesco Gunter Deming ebbe l’idea di depositare, a partire dal 1995, in ogni città europea, una “Pietra di inciampo” (Stolperstein”) per ogni vittima della deportazione Nazifascista che si volesse ricordare. L’artista ha realizzato, così, nel corso degli anni, un monumento diffuso. Il sampietrino in ottone viene depositato di fronte all’abitazione lasciata per l’ultima volta dalla vittima ricordata o nel luogo in cui tale persona venne fatta prigioniera, e su di essa sono incisi il nome della persona, l’anno di nascita, la data, l’eventuale luogo di deportazione e la data di morte – se conosciuta. Questo tipo di informazioni intendono ridare individualità a chi si voleva ridurre soltanto a numero. L’espressione “inciampo” deve dunque intendersi non in senso fisico, ma visivo e mentale, per far fermare a riflettere chi vi passa vicino e si imbatte, anche casualmente, nell’opera.

In Italia le Stolpersteine sono state depositate a:

Roma, nel Gennaio del 2011

Roma, nel Gennaio del 2012

Genova, nel Gennaio del 2012

Merano, nel Maggio del 2012

Brescia, nel Novembre del 2012 e nel Gennaio del 2015

Genova, nel Marzo del 2013

Prato, nel Gennaio del 2014

Roma, nel Gennaio del 2014 e nel Gennaio del 2015

Livorno, nel Gennaio del 2014 e nel Gennaio del 2015

Venezia, nel Gennaio del 2014 e nel Gennaio del 2015

Sarezzo, nel Gennaio del 2014

Bolzano, nel Gennaio del 2015

Padova, nel Gennaio del 2015

Adro e Gavardo, nel Gennaio del 2015

Torino, nel Gennaio del 2015

Meina (Lago Maggiore), nel Gennaio del 2015 e nell’Agosto del 2015

Correggio, nel Gennaio del 2015

Reggio Emilia, nel Gennaio del 2015

Siena, nel Gennaio del 2015

Viterbo, nel Gennaio del 2015

Novara, nell’Agosto del 2015

Ostuni, nel Gennaio del 2016

Roma, nel Gennaio del 2016

Chieti e Teramo, nel Gennaio del 2016

Corregio, Reggio Emilia, Castelnovo ne’ Monti, nel Gennaio del 2016

Torino, nel Gennaio del 2016

Casale Monferrato, Stresa, Premolo, nel Gennaio del 2016

Palazzolo sul’Oglio, Salò, Gardone Riviera, nel Gennaio del 2016

Costa di Rovigo, nel Gennaio del 2016

Padova e Venezia, nel Gennaio del 2016

Gorizia, nel Gennaio del 2016

Roma, nel Gennaio del 2017

Ancora, nel Gennaio del 2017

Grossetto, nel Gennaio del 2017

Comunità Sant’Egidio di Livorno, nel Gennaio del 2017

Pisa, nel Gennaio del 2017

Genova, nel Gennaio del 2017

Castelnovo ne’Monti, nel Gennaio del 2017

Reggio Emilia e Guastalla, nel Gennaio del 2017

Parma, Sant’ Angelo Lodigiano, Casale Monferrato, nel Gennaio del 2017

Moncalieri, nel Gennaio del 2017

Avigliana, nel Gennaio del 2017

Torino, nel Gennaio del 2017

Tradate, nel Gennaio del 2017

Milano, nel Gennaio del 2017

Venezia, nel Gennaio del 2017

Grado e Gorizia nel Gennaio del 2017

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