Nella basilica di Sant’Ambrogio a Milano si trova una rappresentazione della Natività che risale al 1944; fu composta nel campo di concentramento di Wietzendorf coi materiali di cui disponevano i prigionieri: schegge di legno, brani di tessuto strappati ai vestiti, pezzetti di filo spinato.
Come riferisce il sito web della diocesi di Milano: «Tutti i prigionieri donarono qualcosa di proprio: Gesù Bambino è fatto con un fazzoletto di seta del tenente Bianchi di Milano, il pelo dell’agnello è la fodera del pastrano del capitano Bertoletti di Como. Un lembo del pigiama del tenente bersagliere Montobbio di Milano disegna il turbante e la fascia di un Re magio. La collana dell’altro sapiente giunto da Oriente è il pendaglio del braccialetto del tenente artigliere Mendoza di Vigevano. Un’estremità della tonaca del cappellano, padre Ricci, è il vestito di San Francesco. E, proseguendo, il pelo della pecorella è il tessuto sfilacciato della musetta da cavallo del tenente Mori di Arezzo. Il cestino arriva dalla calza della Befana per i due figli del capitano Gamberoni di Bologna. Le mostrine dei “Lupi di Toscana” del tenente Vezzosi di Milano fanno da risvolto alle maniche del guerriero longobardo. I pizzi che ornano il manto della Madonna sono i ritagli di un fazzoletto donato dall’amata al suo fidanzato in partenza per la guerra»(*).
L’opera è stata realizzata da Tullio Battaglia, allora sottotenente di artiglieria e giovane professore di disegno. Insieme con altri ufficiali italiani era stato preso dai Tedeschi dopo l’8 settembre del ‘43 e quindi internato.
Com’è noto, dopo la resa italiana, i Tedeschi riuscirono a catturare molti dei nostri soldati, cui poi diedro la possibilità di passare dalla loro parte. La maggioranza scelse di non farlo e diede vita a un’altra Resistenza, quella meno conosciuta, vissuta da quegli uomini in divisa, ufficiali e non ufficiali, che preferirono il campo di concentramento invece di sottomettersi ai nazisti.
Battaglia non compose solo quel presepe nel corso dei due anni di prigionia ma raccolse anche una serie di disegni che raccontano quanto, passo dopo passo, avvenne dal momento della cattura in avanti: il trasferimento nei carri bestiame, l’arrivo al primo campo in Germania, e i successivi passaggi in Polonia, Ucraina e poi ancora in Germania.
Una serie di riproduzioni di quei disegni è stata da lui donata e dedicata ad Angelo Rampini, allora giovane medico e suo compagno di prigionia: è stata conservata dal figlio di questi, Paolo, anch’egli medico, che ce l’ha mostrata. Ne riproduciamo qui una parte, riprendenendo i commenti didascalici del Battaglia:
Mannheim. Scalo ferroviario: dopo sei giorni e sei notti di viaggio, questa visione è stata la prima che mi ha impressionato. Passando attraverso la Germania ho avuto la conferma della brutalità della guerra totale. Quando il treno è entrato nell’immenso scalo ferroviario sono rimasto colpito dal perfetto funzionamento del vasto organismo. Sotto le enormi ciminiere fumanti vedevamo un mondo di uomini schiavi che lottavano con loro stessi per alimentare un mostro gigantesco.
(*) https://www.chiesadimilano.it/news/arte-cultura/quel-presepe-costruito-nel-lager-299162.html .