Papa Francesco, libertà di mercato e dottrina sociale della Chiesa

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Due interviste condotte da Fabio Colagrande per Vatican News mettono in luce alcun punti dell’enciclica Fratelli tutti e implicitamente rispondono alle critiche avanzate da diversi esponenti di ambienti che, confondendo la libertà con l’ideologia liberista, vi hanno voluto leggere un attacco al sistema capitalista. Evidentemente è facile dimenticare che la dottrina sociale della Chiesa ha sempre sostenuto che il mercato va regolato e non dev’essere luogo di sopraffazione.
Citiamo di seguito alcuni passi delle interviste rilasciate da sr. Alessandra Smerilli, docente di Economia Politica all’Auxilium di Roma e coordinatrice della Task-force Economia della Commissione vaticana per il Covid-19 e dal teologo mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto.
Sr Alessandra Smerilli
Vorrei subito sgombrare il campo da alcune possibili interpretazioni che forse non sono nella logica che Papa Francesco ha voluto dare a questa enciclica. Il documento non è assolutamente contro il mercato, ma ne sottolinea le derive. Evidenzia i rischi di un mercato che non è più come deve essere, per questo parla di “neoliberismo”. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una progressiva penetrazione del mercato anche in ambiti dove tradizionalmente la gestione di alcuni beni comuni era fatta appunto in comune. Queste derive sono condannate dal Papa che ci mostra al contempo come proprio la pandemia abbia fatto venire in luce quello che prima si faceva fatica a capire: il mercato da solo non può risolvere tutto. Abbiamo visto nei mesi scorsi come, per esempio, anche nelle spese sanitarie, se si lascia più spazio al mercato ci si ritrova poi impreparati nella gestione di emergenze come la pandemia. Badate bene, la spesa sanitaria nel mondo negli ultimi anni è cresciuta più di quanto sia cresciuto il PIL mondiale. Il prodotto interno lordo mondiale cresceva in media del 2,8% e la spesa sanitaria cresceva in media del 4%. La spesa dunque è salita, ma si è indirizzata verso malattie non trasmissibili, malattie croniche, verso assicurazioni individuali, quando per affrontare un male come questo virus, che ci ha colti tutti di sorpresa, avremmo avuto bisogno di un’assicurazione collettiva. La realtà è che abbiamo bisogno di spese che sembrano a prima vista inefficienti. Per le regole del mercato e dell’efficienza, però, avere più posti in terapia intensiva quando non ce n’è bisogno è errato e così si tagliano. Nella Fratelli tutti il Papa ci dice che se noi teniamo al bene comune non possiamo adottare solo i criteri di efficienza e la pandemia ce l’ha dimostrato. Il mercato funziona bene quando è civile, cioè costruisce civiltà, e quando è coordinato anche a livello politico. (…)
Forse dalla crisi del 2007 siamo usciti peggiori, negli ambiti economici e finanziari. La pandemia deve invece darci degli anticorpi per poterne uscire migliori e ridare quindi anche alla finanza la sua vocazione originale. Nel video messaggio inviato recentemente alle Nazioni Unite, per esempio, Papa Francesco chiede chiaramente che si aboliscano i paradisi fiscali. È necessario che la finanza torni ad essere fondata sull’incontro. Qui torna di nuovo la vocazione originaria francescana che ispirava anche i “monti di pietà”. Erano istituzioni finanziarie nate per essere a servizio dei più poveri. È quella infatti la vocazione vera della finanza: fare incontrare chi ha idee e non ha soldi con chi ha soldi ma in quel momento non sa come investirli. Tutto il resto è speculazione.
Mons. Bruno Forte
Nel riflettere proprio sul motivo dominante di questo testo mi è venuto subito in mente un piccolo libro di un allora giovane teologo, Joseph Ratzinger, pubblicato nel 1960. Il libro s’intitolava proprio La fraternità cristiana: Die christliche Brüderlichkeit. Un piccolo libro ma un libro prezioso perché mette in luce come l’idea di fraternità nel cristianesimo si distingua rispetto ad altre due concezioni: quella mondana, secondo cui la fraternità sarebbe fondata unicamente sulla parità dei diritti, cioè sulla visione della Rivoluzione francese, e dall’altra parte la concezione elitaria, autoreferenziale e chiusa che invece è stata spesso invocata come una sorta di alternativa alla corruzione del mondo. Nella visione teologica cristiana la fraternità non è né l’una né l’altra di queste due visioni, ma è il dono dell’alto che ci rende fratelli, l’amore sociale su cui si fonda appunto la possibilità di costruire un mondo più giusto per tutti. Sono temi su cui poi Francesco torna diffusamente, evidenziandone vari aspetti, nello sviluppo della sua enciclica. (…)
Non è vero che siamo di fronte ad una visione soltanto mondana. È vero piuttosto che nella Fratelli tutti ci sono le conseguenze mondane di questa visione profondamente teologica e queste conseguenze si esprimono nell’idea di un cuore aperto al mondo, di un mondo più giusto, dove la dignità della persona sia valorizzata e posta al centro, di un mondo che dice no alla pena di morte, ritenuta dal Papa inammissibile, e dice no alla guerra. Ma tutto questo però a partire dall’Alto, vorrei dire, cioè dal fondamento teologico di un Dio che manda il Figlio e lo Spirito fra gli uomini per realizzare fra di loro la fraternità di cui Francesco parla e le cui conseguenze sono appunto le conseguenze sociali indicate. Anche, per esempio, la visione della politica sviluppata nel capitolo quinto, quella di una politica che deve essere posta al servizio del vero bene comune, non è una visione meramente mondana. I temi fondamentali, per esempio, quello del lavoro su cui Papa Francesco tanto insiste, ma anche i temi della giustizia e della pace, la condanna dei sistemi mondiali ingiusti, sono tutti temi che vengono illuminati dalla profondità della radice teologica cui il Papa si ispira. Da questo punto di vista è veramente un testo profondamente evangelico, profondamente cristiano.

Fonte: www.vaticannews.va/it

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