Odi et amo. Il contrastato rapporto che ha unito Germania e Russia nei secoli

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Gerussia, pubblicato per la prima volta nel 2016 e uscito ora in edizione aggiornata in occasione del trentesimo anniversario della caduta del muro di Berlino, presenta un’analisi approfondita delle complesse relazioni intercorse tra la Germania e la Russia negli ultimi 250 anni. Lo studio della fitta rete di rapporti culturali ed economici che ha legato e lega i due Paesi non è un argomento da specialisti, ma riveste un’importanza strategica perché la Germania riunificata è il cuore economico dell’Unione Europea, mentre la Russia, marginalizzata dopo il crollo del comunismo, con Putin si è riaffacciata prepotentemente sulla scena mondiale, arrivando a giocare un ruolo di primo piano in Medio Oriente, come si è visto dopo l’intervento militare nella guerra civile siriana.

Il rapporto tra la Germania e la Russia non può essere analizzato soltanto alla luce dei due sanguinosissimi conflitti del XX secolo, ma va contestualizzato in un orizzonte storico più ampio che ha visto una lunga collaborazione tra i due Paesi. Pietro il Grande ebbe un’amante tedesca per dodici anni, mentre Caterina II era di origini tedesche. Non possiamo nemmeno dimenticare che i numi tutelari di quasi tutti i grandi movimenti rivoluzionari russi furono tedeschi e che la prima lingua della Terza Internazionale fu proprio la lingua di Goethe e Schiller. È però un dato di fatto che appena le armi vengono deposte, la collaborazione e gli scambi commerciali riprendono, come avviene dopo la Grande Guerra con il Trattato di Rapallo, che apre alla Russia sovietica, o con lo storico viaggio del Cancelliere Adenauer a Mosca nel 1955. Il termine “Gerussia” è stato coniato dal Centro studi del Parlamento russo proprio per descrivere il rapporto strategico che si è venuto a creare nel tempo tra la Germania e la Russia.

Storicamente, la Germania ha avuto un ruolo fondamentale nell’industrializzazione e nella modernizzazione dell’impero zarista e oggi potrebbe svolgere un ruolo simile per la Russia di Putin. In effetti, le due economie hanno un rapporto di interdipendenza basato sulla tecnologia tedesca e le forniture energetiche russe. Non dobbiamo neppure trascurare che la riunificazione della Germania è avvenuta col tacito consenso dell’allora Unione Sovietica di Gorbaciov, il che ha rinsaldato ancora di più i legami reciproci. Il libro osserva come dalla fine della Seconda guerra mondiale la Germania ha  cercato di raggiungere due obiettivi: il primo è stato quello di allontanare la minaccia di un nuovo conflitto con la Francia, mentre il secondo, “alimentato dagli spettri della Grande depressione, dagli orrori della guerra e dalla conseguente rinuncia al militarismo, è stato il raggiungimento della prosperità economica come prerequisito della sicurezza”. È quindi ovvio che in questa prospettiva le relazioni con la Russia hanno una vera e proprio valenza strategica per la Germania. Santangelo ricorda anche l’importante discorso tenuto da Putin al Bundestag dopo gli attentati alle Torri gemelle del 2001 e nota gli applausi che lo hanno sottolineato, inclusa la sua lapidaria conclusione: “Tra la Russia e gli Stati Uniti c’è un oceano, tra la Germania e la Russia c’è una grande storia”.

Come è cambiata la situazione internazionale

Nel migliore dei mondi possibili, la Germania potrebbe giocare il ruolo, auspicato anche da una parte dell’establishment tedesco, di mediare il rapporto tra i diversi attori della partita internazionale, come ha tentato di fare dopo l’esplosione del conflitto in Ucraina orientale. Il problema è che la politica dell’attuale amministrazione USA mira a polarizzare tutti i fronti, usando le sanzioni economiche come una clava per mettere in riga tutti gli alleati che non si conformano ai diktat. Dall’altro lato, Putin, che ha sicuramente una notevole statura politica, sta conducendo da tempo, e con tutti i mezzi, una offensiva per riguadagnare tutto lo spazio perduto con la caduta dell’Unione Sovietica che, ai tempi di Eltsin, fu costretta a piegarsi all’aggressivo capitalismo finanziario occidentale che contribuì a fare a pezzi la struttura sociale del Paese e all’emergere degli oligarchi.

Santangelo ricorda come Putin “ha affrontato (e rapidamente risolto) i tre problemi fondamentali che affliggevano la Federazione: ha scongiurato – sconfiggendo i separatisti di Grozny e cecenizzando il conflitto– la disgregazione del Paese; ha consolidato l’architettura statale, restituendole un certo grado di efficienza e di autorevolezza; ha riportato all’interno dello Stato russo gli elementari principi di ordine nella vita degli apparati amministrativi, sconfiggendo e marginalizzando gli oligarchi. Inoltre, riformando la Camera alta (da cui ha escluso i cosiddetti baroni regionali, spesso capi indiscussi di ampi territori della Federazione) ha sventato ogni velleità separatista: una scelta che potrebbe apparirci poco democratica, ma che di fatto ha definitivamente sventato ogni minaccia di disgregazione del Paese”.

Vladimir Putin (qui a bordo dell’incrociatore atomico Pëtr Velikij), da agente del KGB ha operato a lungo in Germania e parla perfettamente tedesco. La sua ricerca di un rapporto speciale con Berlino, in assenza di qualunque apertura democratica interna, fa però temere a molti analisti un tentativo di dividere l’Europa.

Sicuramente, osservando gli eventi dal punto di vista del nazionalismo russo, Putin ha stabilizzato la situazione e ha creato le precondizioni per il rilancio internazionale del proprio Paese, usando metodi brutali ma efficaci.

Vorrei però spiegare cosa ha significato la “cecenizzazione” del conflitto nella piccola regione del Caucaso. Putin ha affidato tutti i poteri a un ras locale, Ramzan Kadyrov, che governa col pugno di ferro eliminando fisicamente non solo gli oppositori interni ma creando veri e propri “squadroni della morte” che raggiungono ed eliminano i dissidenti fuggiti all’estero, come è avvenuto in Austria, Emirati Arabi Uniti, Germania e Turchia. Per rispetto della verità, dovremmo anche ricordare che Putin non è soltanto la vittima incolpevole dell’aggressiva politica occidentale che mira a circondare e indebolire la Russia, ma si serve abilmente di una variegata struttura di hacker legati ai servizi segreti che hanno sviluppato una sofisticata capacità di interferenza negli affari interni di diversi Paesi. Esiste poi una ricca documentazione sui finanziamenti russi a molti movimenti sovranisti europei, che agiscono de facto come una testa di ponte russa.

Angela Merkel è cresciuta nella Germania comunista, parla perfettamente il russo e ama la cultura di questo Paese ma, allo stesso tempo, è scettica sulla possibilità di Mosca di liberarsi del suo retaggio autoritario. Capisce perfettamente l’importanza strategica delle relazioni con la Russia e cerca di contemperarle con la lealtà atlantica. I diritti umani sono un tema importante nella sua agenda, al punto che, durante una visita a Mosca, infrangendo il protocollo (e provocando una certa irritazione nel Cremlino), ha incontrato gruppi di attivisti e di oppositori.

Certamente una integrazione economica della Russia nell’Unione Europea con la mediazione tedesca darebbe un fattivo contributo alla pace e alla stabilità mondiale, ma non possiamo dimenticare come la Russia si sia annessa la Crimea, in violazione di qualunque legge internazionale, sostenga militarmente i ribelli che combattono contro il legittimo governo ucraino e appoggi, con propri mercenari, una delle forze in campo nella guerra civile libica. Tralascio qualunque considerazione sul dramma dei giornalisti e oppositori politici che sono stati incarcerati o assassinati negli ultimi anni. Nell’analizzare gli sviluppi delle relazioni economiche tra la Germania e la Russia non si possono trascurare questi temi, altrimenti si supera il crinale sottile che separa lo studioso dal propagandista. Un piccolo appunto finale. In una prossima edizione del testo andrebbe aggiornata l’evoluzione delle relazioni russo-cinesi che, dopo la visita di Xi Jinping del 5 agosto 2019 a Mosca, ha subito una notevole accelerazione e aperto prospettive suscettibili di ulteriori sviluppi.

Salvatore Santangelo

Gerussia

L’orizzonte infranto della geopolitica europea

Castevelcchi, p. 192,  € 18,50

di Galliano Maria Speri

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