FRONTIERE

Le virtù della #guerra #virtuale | #wargames

di Leonardo Servadio

Sempre è avvenuto: ogni invenzione, ogni strumento o arnese può essere usato per scopi bellici: il computer non è da meno. La differenza però è notevole rispetto a tutto quanto accaduto sinora. Se ne parla in un volume recentemente pubblicato negli Stati Uniti: “Coutdown to zero day. Stuxnet and the Launch of the World’s First Digital Weapon” di Kim Zetter.

Quest’arma informatica, pare elaborata dai servizi di sicurezza statunitensi e israeliani, sembrerebbe essere stata usata per la prima volta nel 2005; scoperta con certezza solo nel 2010 è stata chiamata Stuxnex. È un “verme” informatico e ha conosciuto dalla sua origine diversi aggiornamenti, continua a circolare nella rete, ma ha colpito solo il bersaglio per il quale è stato generato: attraverso i sistemi cibernetici iraniani che azionano gli strumenti per l’arricchimento dell’uranio ha danneggiato questi ultimi, senza recare danno ai computer o al loro funzionamento. In questo è totalmente diverso dai “virus” informatici ai quali siamo da tempo abituati, dato che questi ultimi infettano il funzionamento dei computer stessi. Pur essendo diffuso a livello internazionale, Stuxnet è entrato in quasi il 60 percento dei computer iraniani mentre in altri paesi la sua penetrazione è stata molto bassa. Resta dormiente e si attiva solo se “comprende” che può colpire il bersaglio verso il quale è diretto.

In questo è una novità assoluta in campo bellico. Si ricorderà che nel giugno del 1981 gli Israeliani attaccarono con cacciabombardieri e distrussero l’impianto nucleare che si stava costruendo in Iraq: un’azione militare classica, con l’uso di esplosivi. L’attacco condotto dal 2005 col “verme” informatico probabilmente non è stata meno distruttiva, ma certamente meno eclatante, meno pericolosa e dotata di caratteristiche totalmente diverse.

Con la robotizzazione degli apparati produttivi, tutti i sistemi industriali sono assoggettati a controlli informatici: per conseguenza sono attaccabili da operazioni informatiche. E dal momento che col semplice lavoro manuale si possono produrre borsette e abiti, ma certamente non marchingegni di tecnologia avanzata, ecco che ormai il “virtuale” si è sovrapposto a quel che un tempo si chiamava “reale”.

Gli strumenti elettronici non sono usati più solo per il telecontrollo di armi distruttive quali potrebbero essere i missili nucleari o i droni oggi tanto diffusi nei nei conflitti mediorientali. Sono diventati il terreno privilegiato, oltre che per la diffusione di informazioni, di cultura, di dialoghi, anche per la pratica della belligeranza. Con questo, il concetto stesso di guerra dovrà cambiare. Ancora siamo abituati a pensare alle guerre, assimilandole a quelle che hanno afflitto l’umanità nel corso di tutta la sua storia. Del resto il conflitto nell’Ucraina orientale sta avvenendo in questo modo, e ci si chiede se scatenerà una nuova “guerra fredda” tra la Russia di Putin e la Nato. La persistente belligeranza mediorientale esacerbata dal nuovo fenomeno dell’ISIS si dispiega come sempre è avvenuto e ci di chiede se darà luogo a una nuova escalation ora che gli Usa di Barak Obama si impegnano a inviare un numero maggiore di truppe sul posto. Ci si chiede che accadrà tra India e Pakistan, dove una scintilla potrebbe scatenare i loro arsenali nucleari. E la lista potrebbe essere ancora molto lunga.

Ma nella misura in cui il terreno di battaglia tenderà a essere sempre meno quello del territorio fisico e sempre più quello della rete informatica globale, gli scontri per la sua occupazione e il suo controllo avverranno attraverso canali diversi, nuovi: dal computer alle macchine che questi controllano. Non a caso nel 2012 il presidente Obama, con una direttiva top secret, peraltro rivelata da Edward Snowden, ha istruito gli organismi di sicurezza nazionale a stilare un elenco di obiettivi importanti da colpire tramite guerra cibernetica in paesi considerati nemici o avversari potenziali.

Ovviamente gli effetti della ciberguerra potrebbero essere non meno letali. Se ipoteticamente una potenza nucleare riuscisse a fare esplodere gli ordigni di una sua avversaria nei silo dove questi sono custoditi, ci si troverebbe di fronte agli effetti di una classica situazione di guerra pur condotta attraverso strumenti nuovi.

Ma a individuare e denunciare l’esistenza di Stuxnet è stata un’organizzazione per la sicurezza dei computer americana, Symantec: dagli Usa è stata generato l’attacco contro il sistema industriale-militare iraniano, negli Usa il fatto è stato scoperto e denunciato. Questo caso dunque mostra che la dinamica di controllo dei confini e di occupazione di territori che presiede allo sviluppo di tutte le guerre conosciute dall’umanità sinora, può essere totalmente cambiata.

La ciberguerra potrebbe, se si affermasse nel mondo, portare l’aggressività innata nell’essere umano a dispiegarsi attraverso una mediazione simile a quella che avviene nelle guerre condotte sulle tavole del gioco degli scacchi. Ci sono cavalieri e fanti e torri, vincitori e perdenti. Ma le morti, quelle sì, sono solo virtuali.

Letture

  [simpleazon-link asin=”B00KEPLC08″ locale=”it”]Countdown to Zero Day: Stuxnet and the Launch of the World’s First Digital Weapon[/simpleazon-link] [simpleazon-link asin=”B00BJ6KPLS” locale=”it”]Stuxnet: The True Story Of Hunt And Evolution (English Edition)[/simpleazon-link]]]>
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