Aldo Ferrara (*)
Gran parlare di ILVA, Taranto, Salute & Ambiente. Ma, francamente, sembra la riscoperta dell’acqua calda. Ci sono altre aree a rischio nel Paese con il risultato globale di un drammatico aumento dei tumori.
In alcune aree del Paese, l’incidenza dei tumori sta raggiungendo picchi inauditi, specie per il cancro polmonare. Da 7 casi ogni 100 mila abitanti del 1951 siamo passati a ben 90/100 mila. Livelli da DEFCON 4 (DEFense readiness CONdition, scala di allerta militare, divisa in cinque gradi di crescente gravità – ndr). Soprattutto a carico degli anziani.
Un tempo era il trio
Erano sotto accusa le emissioni industriali, riscaldamenti domestici e traffico, con un 33% di responsabilità per voce. Oggi è sotto accusa il traffico all’80%. E’ spaventoso l’aumento dei metalli pesanti liberati nell’aria dalle vetture dotate di nuovissimi catalizzatori (platino, rubidio, molibdeno, tungsteno, cadmio) con un aumento di casi di linfomi e leucemie stimato tra il 15 ed il 20% in poco più di vent’anni. Ma esistono picchi impressionanti in alcune città per via delle emissioni di Industria Pesante, spesso bellica o chimica, ove si osserva l’aumento dei mesoteliomi (+37% nelle donne e +10% negli uomini), tumori alla mammella (+27%),del SNC (80%), del fegato (40%).
La crescita di coscienza e le investigazioni scientifiche ci stanno imponendo questioni prioritarie come la salvaguardia e valorizzazione dell’ambiente. Ma il nostro modello sociale deve contemperare tutela dell’occupazione e sviluppo dei mercati ed il lavoratore, utente-consumatore, deve essere considerato parte attiva di questo processo.
Taranto e Brindisi
Sta di fatto che non siamo ancora riusciti a conciliare ambiente e sviluppo economico, specie quello industriale. La contraddizione tra questi due aspetti ha portato a una sorta di radicalizzazione, senza possibilità di compromesso. L’esempio più eclatante è l’ILVA di Taranto, una delle ultime industrie pesanti rimaste, in cui lo scontro ha raggiunto il livello di guardia.
Già nel Volume Ambiente Atmosferico & Salute Respiratoria (Ferrara A. et al., 2001, vedi biblio) avevamo evidenziato, nel comprensorio di Brindisi, un drammatico incremento di malattie pleuro-polmonari fino al +15% a carico della pleura e delle malattie del sangue ( +10% per le forme non Hodgkin). Per quanto attiene Taranto, nel 2016 uno studio epidemiologico della Regione Puglia ha evidenziato un aumento della mortalità, rispettivamente, del +4% e del +9%, per esposizioni a polveri sottili (PM10) e anidride solforosa (SO2), e un aumento di ricoveri per patologie respiratorie infantili residenti nei quartieri Tamburi (+24%) e Paolo VI (+26).
Mentre tutti discettano sul caso ILVA di Taranto, nel 2001 molti di questi dati erano già noti. Perché non sono stati presi in considerazione?
La Spezia
Riporto stralci di un articolo del giornalista Giovanni Vaccaro che, nel 2013 dalle pagine del Secolo XIX, scriveva, a proposito di La Spezia. L’interesse su questo articolo nasce dal fatto che mentre la pubblica opinione è spesso indirizzata verso siti industriali tipo Marghera o Taranto, pochissimi, se non nessuno, punta l’indice verso gli insediamenti dell’industria bellica.
“Sul banco degli imputati gli insediamenti industriali e le zone densamente urbanizzate. Eurochip2 (European cancer health indicator project), 2009, ha evidenziato anche che, tra i vari paesi europei, è cresciuta la disuguaglianza in campo oncologico. I paesi più ricchi, con Pil più elevato e un tasso di industrializzazione maggiore, hanno un’ incidenza di tumori più alta rispetto ai paesi più poveri. In Italia i “picchi” nell’incidenza dei tumori (e nella mortalità) si registrano in zone in cui operano (o operavano) acciaierie, come a Genova, Piombino e Taranto, impianti petrolchimici, come a Gela, Priolo, Augusta, Sarroch, Porto Torres e Portoscuso, aree a forte industrializzazione come Marghera.” (Vaccaro G., 2013)
Dati in perfetta coincidenza con quelli di A.Ferrara (2001).In totale sono 54 le aree critiche destinate alla bonifica, un censimento che riguarda ben 311 comuni.
Prosegue Vaccaro: ”In Liguria, a puntare il dito contro le ciminiere sono da anni gli abitanti della Spezia e Vado Ligure. E’ sotto accusa soprattutto l’attività della centrale termoelettrica di Tirreno Power (ex Enel) di Vado Quiliano. La Provincia di Savona, con circa il 17% degli abitanti, produce dal 40 al 50% dei più pericolosi inquinanti di tutta la Liguria: ossidi di azoto, anidride solforosa, polveri sottili, ultrasottili (PM 10, PM 0.5). E le centrali a carbone rilasciano in atmosfera radon e polveri arricchite in radionuclidi. A Vado Ligure il tumore maligno al polmone colpisce il 30,1% in più degli uomini rispetto al resto della Provincia e il 26,6% rispetto alla Regione. Ma un dato allarmante riguarda anche Savona, con il 23,6% ed il 20,7% in più. Oltre ai tumori dati preoccupanti riguardano anche le malattie ischemiche del cuore: a Vado le donne fanno registrare il 44% di casi in più rispetto alla media provinciale e il 71,9% in più rispetto a quella regionale; gli uomini rispettivamente il 27% ed il 45,8% in più; a Savona il 30% in più sulla media provinciale e il 54,9% in più su quella regionale per le donne, il 19,5% in più ed il 37% in più per gli uomini. Infine le malattie respiratorie croniche ostruttive:per la popolazione maschile, Vado fa registrare il 137% sulla Provincia ed il 150,3% sulla Regione. Occorre dunque mappare il territorio, non solo per misurare genericamente il grado di inquinamento, ma verificare soprattutto gli effetti veri e propri sulla salute umana. La correlazione tra i danni rilevati sui licheni, ormai riconosciuti come bioaccumulatori e l’incidenza dei tumori al polmone sono allarmanti. Il monitoraggio degli effetti dell’inquinamento sui licheni epifiti ha evidenziato nel 2000 stati di alterazione grave nell’area metropolitana di Genova, Savona e La Spezia. Il collegamento tra inquinamento e alterazioni nei licheni è ancora più indicativo a La Spezia. Tra il 1992 e il 2000 è stata registrata una ripresa della biodiversità lichenica dopo gli interventi di riconversione della centrale a carbone ed il riassetto di camini alti 240 metri. A La Spezia vi sono due record, anzi tre. Il primo è nella zona intorno al Porto Militare dove vi è la più alta percentuale di SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica). Il secondo è zona intorno alla Discarica di Pitelli dove vi è la più alta percentuale di tumori infantili. Il terzo è generale, per tutta la provincia, e vede il record mondiale per malati per amianto di mesotelioma in rapporto alla popolazione”.
Il Triangolo di Augusta Melilli e Priolo
Per terminare questo Report davvero sconcertante, nel Volume “ Oil Geopolitics”, Agorà&Co, 2019, è riportato quel che si sa di Melilli, Augusta e Priolo, il triangolo delle morti da petrolio.
Le aree industriali di Augusta-Priolo, in provincia di Siracusa, e di Gela, in provincia di Caltanissetta, comprendono poli industriali di rilevanti dimensioni costituiti prevalentemente da raffinerie e stabilimenti petrolchimici. Agglomerati sensibili rientrati nel Piano Nazionale di Risanamento che hanno posto numerosi problemi di adattamento per le realtà socio-economiche di tradizione agricola.
La scelta della Sicilia come sede di impianti di estrazione e raffinazione degli idrocarburi derivo in parte dalla necessita di assicurare un profilo industriale per la crescita dell’isola. In parte per la presenza consolidata di Compagnie come Gulf Oil nel ragusano.
Mentre nel comprensorio di Gela l’ENI iniziava le trivellazioni in vista delle possibilita che offrivano le rotte di oil shipping nel vicino Canale di Sicilia.
Dalla Rasiom di Moratti agli insediamenti di oggi, lo sviluppo e andato concentrandosi su un’area limitata, destinato a trasformarsi da sede di qualche raffineria a Polo Petrolchimico. Nascono successivamente le centrali elettriche di Augusta e Priolo (ENEL e ISAB) e gli impianti cementiferi.
Recente e significativa la presenza nell’area della Compagnia russa Lukoil che ha rilevato progressivamente quote della raffineria ERG. Nel 2008 ERG e Lukoil hanno raggiunto un accordo per una importante partnership nella attività di raffinazione costiera, attraverso la creazione di una Newco. ERG Med, interamente controllata dal Gruppo ERG, conferirà alla Newco un ramo d’azienda che comprende tutti gli asset della Raffineria ISAB di Priolo (Sicilia), per una capacita complessiva di 320,000 barili al giorno, gli impianti termoelettrici siti presso gli impianti sud, per una capacita di 99MW installati, oltre che un livello minimo operativo di stoccaggi di grezzi e prodotti, pari a 745 mila tonnellate
Nel successivo 2013, ERG cede l’intero pacchetto di quote della raffineria alla Lukoil, in vista di una riconversione ERG verso le rinnovabili cui va destinato fino al 56% del capitale.
Dopo Gazprom, Rosneft, Lukoil e la Compagnia russa più presente nei mercati al fine di implementare nuovi progetti di e un numero più elevato di operazioni EOR. Molto attiva nel Nord del Mar Caspio e in Uzbekistan, dopo aver rilevato la Raffineria EWRG-ISAB di Augusta, si sta concentrando nel Mediterraneo. Anche se non mancano le voci di vendita delle due raffinerie rilevate da ERG. La motivazione sta nel fatto che le raffinerie (quella di proprietà della Esso, di pertinenza della multinazionale ExxonMobil, e le due (Isab Nord e Isab Sud) ex ERG ora Lukoil) sono nel mirino della magistratura e sotto alea di sequestro a causa del significativo peggioramento della qualità dell’aria e quindi per motivi di salute pubblica. In gioco, da un lato, l’impiego diretto di duemila persone cui si somma una quota equivalente per l’indotto e, dall’altro, un complesso di circa 20 milioni di tonnellate di petrolio l’anno (8 milioni la Esso e 12 milioni Isab). Da tempo, comunque, Lukoil e la sentinella russa che ormai presidia il Mediterraneo, essendo presente anche nella TAP con il 10 per cento nel consorzio guidato da Bp e dalla società azera Socar nello sfruttamento del giacimento di Shah Deniz-2. L’elenco sostanziale degli insediamenti industriali è il seguente: 10 per il petrolio, 7 per la chimica, 1 per l’energia elettrica.
Nello specifico, nel comprensorio di Priolo-Augusta, sono presenti sono state dichiarate “aree ad elevato rischio di crisi ambientale” in conformità alla legge 349 del 8/7/86. Nella zona di Augusta e stata rilevata un’incidenza di patologie quali il tumore ai polmoni ed il mesotelioma pleurico (malattia legata all’esposizione all’amianto) di circa il 20% in più rispetto alla media mondiale (275 nuovi casi l’anno/per 100 mila abitanti) con elevato tasso di mortalità pari a 100 l’anno per mesotelioma e 200 per il carcinoma.35
Nell’area del Polo Petrolchimico sono presenti diverse tipologie industriali quali raffinerie, stabilimenti petrolchimici e cementerie.
Dunque chimica di base, prodotti fossili quali idrocarburi da raffinare e sostanze gassose esalanti dai processi di lavorazione. Nel comune di Gela sono da annoverare impianti di raffinazione ed estrazione del greggio, stabilimenti petrolchimici, produzioni di polietilene, sostanze a base di zolfo (zolfo fuso, acido solforico e acido fosforico, ammoniaca e concimi complessi). Malgrado i numerosi studi e Rapporti 36, il risanamento dell’intera area sembra lontano, complicato anche dai lacciuli burocratici e dall’impossibilita di dirimere, come sempre in Italia, la vexata quaestio tra protezione dell’ambiente e protezione dei posti di lavoro, controversia nota per altri poli industriali a ridosso di centri abitati (Polo Petrolchimico di Brindisi e ILVA di Taranto). Come si rileva dagli studi epidemiologici, condotti a più riprese nelle due aree, si verifica un costante aumento fino al +30% delle neoplasie specie polmonari, che si accompagnano tuttavia anche a neoplasie extratoraciche (urogenitali e del colon).
Nel rapporto “I tumori in Provincia di Siracusa” l’indagine indica che “…Negli uomini le neoplasie più frequenti sono nell’ordine i tumori del polmone (18.3%) con una sopravvivenza a 5 anni (S-5-a) del 5,9%, seguiti dai tumori della vescica (14,4% con S-5- a del58.0%), della prostata (13.5% con S-5-a del 48.0%) e del colon-retto(12.0% con S-5-a del 42.2%). Tra le femmine i tumori più frequenti sono quelli della mammella (29.7% con S-5-a del 69.7%), del colon-retto (14.2% con S-5-a del 41.0%), dell’utero (5.9% con S-5-a del60.3%)…” Secondo il Rapporto…” In Provincia di Siracusa i tumori hanno una incidenza nettamente inferiore a quella osservata nello stesso periodo nelle regioni italiane del Centro-Nord e sovrapponibile a quella dei registri del Sud Italia… tuttavia …All’interno della Provincia di Siracusa, infatti, l’area comunale di Augusta, dove insiste uno dei maggiori poli petrolchimici d’Italia, fa osservare un TSI (Tasso Standardizzato Italiano) di 608.4, cioe ben al di sopra non soltanto dei Registri del Sud Italia, ma anche della media del Pool Italia (552.8 appunto) e secondo solo al Friuli. E interessante notare che nell’ambito del cosiddetto triangolo industriale (costituito dai Comuni di Augusta, Melilli e Priolo), solo Augusta fa osservare scostamenti cosi elevati, e con limiti fiduciali al 95% (+/- 53) che comunque la collocano ben al di sopra della media provinciale (e persino nazionale).
Interessante la distribuzione geografica che emerge da questo rapporto. Essa sembra essere limitata al Polo di Augusta mentre decade verso il comprensorio di Melilli a Nord-Ovest e in quello Netino a Sud-Est. Tuttavia non emerge nessuno studio sulla rosa dei venti che possa indicare la staticità o dinamicità della diffusione dei polluttanti. Dal Rapporto emerge dunque che, tranne il caso della criticità isolata di Lentini per leucemie, l’incremento della maggiore distribuzione di neoplasie, segnatamente fegato e pleura, riguardi solo il comprensorio di Augusta.
Da notare anche l’incremento di patologia neoplastica urogenitale, vescicale, in ispecie dovuto verosimilmente a sostanze uro-tossiche come i metalli pesanti, arsenico, nickel, cromo e mercurio38. Per le patologie non-neoplastiche:
1. Massima rappresentazione dell’incremento delle patologie cardiovascolari (aumentate in termini di morbosità) nel segno della preferenzialità di target d’organo assunta dalle PM10 e PM2.5;
2. Notevole incremento della potenzialità patogenetica dei metalli pesanti, specie per quanto attiene la fertilità del maschio, la cui motilità spermica appare abbassata dal 45 al 23% (Ferrante M et al., 2011), specie per il Cadmio e Polifenoli. Mentre per Ferrante et al., (2012); Olivieri Conti (2011) la concentrazione, sia pure elevata, di sostanze aromatiche policicliche non sembrano modificare la qualità spermio genetica.
Alla luce di questi dati vien da chiedersi quale sia il vero rapporto costo/beneficio di megaimpianti industriali come quelli di Gela e Augusta-Priolo. Come noto, l’estrazione di oil in Sicilia contribuisce solo al 12% del fabbisogno nazionale, mentre il dissesto territoriale e ambientale sembra essere irreversibile in una terra a primitive vocazioni agricola e turistica.
Umbria
Si chiama così la regione più bella della Penisola, un luogo di storia, di amenità, di buon cibo, e di campi agricoli che avrebbero reso felice Ovidio. È ancora così?
Secondo il Rapporto Osservasalute 2016, la stima, nel periodo 2010-2015, sarebbe di circa 16.966 pazienti affetti da neoplasie del Polmone (854), Colon (4425), Mammella (11380), Utero-cervice (307), senza considerare altre forme di neoplasie (prostata, cute e tumori del sangue). Nel complesso, i dati non si discostano da quelli registrati dall’Università di Perugia
che fissa in 13469 decessi (26.3%), i decessi per il periodo 2011-2015. La media stimata in 20.000 patologie tumorali nel quinquennio studiato suggerisce una distribuzione epidemiologica di circa 4000 affezioni tumorali/anno, per complessivi 500 casi ogni 100 mila abitanti.
Il comportamento epidemiologico non si discosta dai dati nazionali.
È l’Apparato Respiratorio il target più sensibile alle neoplasie. La Fig. 2 indica la particolare tendenza epidemiologica, osservata dal Rapporto prima citato,
(https://www.osservatoriosullasalute.it/osservasalute/rapporto-osservasalute-2016), progetto Dell’Università Cattolica di Roma.
La Tab. 1 segnala l’incidenza della neoplasia polmonare studiata dall’Osservatorio Salute sopra citata.
I dati non si discostano sostanzialmente da quelli riferiti dall’Osservatorio dell’Università di Perugia (v. Tab. 2).
Questa rilevazione preliminare, degna di ulteriori investigazioni, legate anche alla ricerca della causalità, ossia il rapporto tra ambiente e salute, segnala una particolare incidenza di affezioni neoplastiche. Come noto, oggi la mortalità non coincide più, come avveniva nel passato, con la morbosità e i due dati tendono a divaricarsi con una percentuale di mortalità che risulta assestata sul 63%, lasciando un discreto margine dunque alla sopravvivenza. Tuttavia, tali dati servono a riflettere, dopo una collazione più attenta, perché sfatano il mito della distribuzione neoplastica nei grandi agglomerati urbani che l’Umbria non possiede. Una media stimata di 4000 morti l’anno per neoplasia (omnicomprensiva) con incidenza pari a 500 casi/ 100 mila abitanti resta da chiarire e da verificare perché non si può più considerare divaricato l’ambiente urbano da quello rurale ai fini della distribuzione delle neoplasie. Occorre dunque ricercare le cause che solo nell’ambiente possono trovare giusta allocazione.
Come dire dalla Epidemiologia alla Politica, il viaggio non è così lungo e la destinazione è finale…in tutti i sensi!
Fonti Primarie
Ferrara A. et al. Ambiente Atmosferico & Salute Respiratoria, Ed. TIERRE, Firenze, 2001
Ferrara A., Venturelli C., Sgandurra C., Giambartolomei S., Azzarà V. La vita al tempo del petrolio, Agorà & Co, Lugano, 2017,
Ferrara A., Colella A., Nicotri P., Oil Geopolitics, Agorà & Co, Lugano 2019
(*) Professore f.r. di Malattie Respiratorie nelle Università di Milano e Siena, Executive Manager dell’European Res. Group on Automotive Medicine, Componente del CTS dell’Agenzia di Controllo e Qualità SSPPLL Roma Capitale