di Mario Lettieri* e Paolo Raimondi ** *Sottosegretario all’Economia del governo Prodi **Economista
La questione petrolio è di indubbia portata globale anche se i riverberi locali incidono non poco sui territori, nelle economie e sulla stessa salute dei cittadini residenti nelle regioni interessate alle estrazioni. Di conseguenza anche le ricerche e le estrazioni in Basilicata dipenderanno dal mercato globale, le cui oscillazioni tendono al ribasso.
Mentre la domanda ristagna a causa della perdurante crisi industriale ed economica in Europa e del rallentamento delle economie del Far East, in primis quella cinese, l’offerta è cresciuta molto. A ciò si aggiunga che gli USA, con la produzione di shale gas, hanno notevolmente aumentato l’estrazione di greggio (+80%). Anche i significativi risultati dovuti alla cresciuta efficienza energetica, all’aumento delle energie rinnovabili, ai risparmi nei consumi e alla migliore produttività dei settori incidono notevolmente.
Bisogna ricordare che il petrolio è sempre stata un’arma formidabile per mutare e condizionare le vicende e gli assetti geopolitici globali. Perciò la storia mondiale del petrolio è tristemente segnata, oltre che dai danni all’ambiente e alla salute, da guerre, colpi di stato, corruzione e assassinii.
Anche oggi non pochi esperti ed analisti del settore sottolineano che dietro la decisione di far scendere il prezzo del petrolio ci sarebbe anche l’intenzione dell’Arabia Saudita, condivisa con gli alleati americani, di colpire le economie della Russia e dell’Iran. Si tenga in considerazione infatti che le entrate petrolifere rappresentano il 60% delle entrate del governo dell’Iran e il 50% di quelle della Russia.
Una simile mossa venne fatta nel 1985 sempre dall’Arabia Saudita che per un certo periodo di tempo abbassò il prezzo del petrolio di 3,5 volte aumentando nel contempo la produzione di ben 5 volte. Gli sceicchi non dovettero rinunciare ai loro fasti, ma di conseguenza, nei grandi giochi della geopolitica mondiale, l’URSS venne messa in ginocchio.
Certamente il petrolio ha determinato non poco lo sviluppo economico, soprattutto dei Paesi del’Occidente. Né si può ignorare il fatto che nei Paesi del terzo mondo, e non solo, le popolazioni, “affamate non solo di lavoro”, e i governanti, spesso corrotti, hanno accettato estrazioni indiscriminate e subito le scelte delle varie compagnie petrolifere.
In questo quadro macro si inserisce anche il caso Basilicata che registra già estrazioni per circa 100 mila barili al giorno a fronte di concessioni all’ENI e alla Total per complessivi 150 mila barili. Il Governo con la Regione, anziché imporre uno sviluppo ecocompatibile, ha previsto nel decreto “Sblocca Italia” una certa gratificazione finanziaria, ma ha tolto alla Regione ogni potere in merito.
A pensar male si fa peccato – diceva Giulio Andreotti – ma spesso ci si indovina e noi riteniamo che il rischio che il bel e salubre territorio lucano possa diventare una groviera sia reale.
A meno che al “casinò planetario”dei mercati finanziari il petrolio continui a perdere terreno. Nelle ultime settimane, infatti, il prezzo del greggio è sceso del 20-25 %.. Il brent è sceso fino a toccare i 73/75 dollari al barile!
Chiaramente sono cambiamenti che non si possono addebitare alla legge della domanda e dell’offerta sul libero mercato. A giugno il prezzo era di circa 100 dollari al barile e nello stesso spazio di tempo non vi sono stati crolli della domanda del 20% o simili riduzioni delle capacità produttive della Cina e di qualche altro grande Paese.
D’altra parte è noto che anche le impennate del prezzo del petrolio fino ad oltre i 150 dollari al barile nei mesi precedenti la crisi del 2007-8 erano frutto di speculazioni selvagge fatte con derivati finanziari e non delle variazioni nella domanda e nell’offerta globali.
Si ricordi in ogni caso che le IOC (International Oil Companies) per riuscire a pagare le spese di investimento per ricerca ed esplorazione e garantire i dividendi ai propri soci devono avere un prezzo che non scenda sotto i 90 dollari al barile.
Da ultimo, last but not least, si rammenti che c’è l’urgenza di nuove e più efficaci politiche rivolte alla riduzione delle emissioni a livello planetario. In merito l’ONU pochi giorni fa ha lanciato ai governi un allarme, affermando che “se vogliamo evitare danni gravi diffusi e irreversibili al clima, bisogna ridurre il consumo di combustibili fossili.”
Il monito vale per tutti, ma crediamo valga anzitutto per i Paesi cosiddetti sviluppati , USA ed Europa in primis.
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