Illica (Rieti). Anni dopo il terremoto l’abitato langue, lo sciacallaggio prospera

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Illica, frazione del Comune di Accumuli (Rieti) è stata rasa al suolo dal terremoto del 24 agosto 2016. Vive ancora nella precarietà, come è accaduto in tanti luoghi (il Belice, l’Irpinia….), inasprita dallo sciacallaggio, quello sì: sempre presente e attivo. Ora un sito Web aiuterà nella rcerca degli oggetti scomparsi: ma con quali speranze? Riportiamo al riguardo la testimonianza di Sabrina Fantauzzi.
Prosegue l’odissea stanziale dei sopravvissuti costretti a vivere in casette balneari trasformate all’occorrenza in rifugi d’alta montagna. In questi cinque anni, la memoria comincia a riaffiorare. Non è più la memoria sentimentale dei luoghi perduti, delle comunità distrutte, ma la mappa cognitiva delle cose sparite.

Illica in inverno.

Sembra strano. Ma il processo mnemonico e cognitivo che sta insorgendo è simile a quello di chi ha avuto una rimozione a causa del dolore e dello shock post traumatico. Solo dopo tempo, a volte anche decenni, il processo del ricordo si riattiva facendo emergere nella coscienza delle vittime sopravvissute ciò che si è perso per sempre in ogni singolo dettaglio.
È quello che sta accadendo nelle aree del cratere, e di cui si sta parlando in alcuni gruppi volontari di autosostegno. Mobili, gioielli, suppellettili, quadri, conci, portoni…e pietre, le pietre antiche con cui erano state costruite le case molte delle quali facenti parte di insediamenti urbani rurali risalenti al 1600. In alcune Comuni e frazioni le procedure per l’abbattimento delle abitazioni sono state rispettate con il coinvolgimento dei proprietari che hanno assistito all’abbattimento della casa avita talvolta riuscendo anche a recuperare qualcosa. Una foto in bianco e nero dei nonni, in genere in bella mostra sul camino o sopra il letto matrimoniale. Una madia antica, una sedia. Ma per la stragrande maggioranza di loro, il post terremoto ha costituito un ulteriore trauma a causa della sparizione totale dei beni di famiglia. Già poche settimane dal sisma, come ‘Comitato Illica vive’ denunciammo la presenza di ‘sciacalli’ che si avventavano sulle case abbandonate e distrutte per accaparrarsi il patrimonio mobiliare custodito da secoli tra le mura domestiche. Ma non servì a nulla. Non servì neppure la richiesta di creare un sistema di recupero e catalogazione delle pietre che sono particolarmente ambite per ricostruire ville e magioni di appassionati cultori del passato che vogliono dare quel tocco antico alle nuove residenze. Da quel che il ‘Comitato Illica Vive’ ha appreso, molti proprietari si stanno organizzando. Più che una vera e propria denuncia alle autorità competenti, delle quali nessuno si fida più, si ragiona sulla creazione di un sito, di un portale dove caricare gli oggetti spariti. Non si fanno nomi. Né delle vittime né dei presunti colpevoli benché la filiera sia molto chiara. “Parliamo – ci spiega l’ideatrice del portale – di squadre particolarmente organizzate che hanno fatto razzia degli arredi, degli oggetti lasciati incustoditi per mesi se non per anni. Nonostante le aree siano state presidiate dalla polizia e dai carabinieri, la vastità del territorio e la capillarità dei comuni e delle frazioni hanno impedito una reale sorveglianza. Spesso gli stessi proprietari sono stati avvisati dell’abbattimento delle loro abitazioni molto dopo la demolizione. Chi ha assistito però ha avuto modo di constatare che attraverso i mezzi meccanici riuscivano a prendere parecchio”.
La procedura dell’abbattimento prevedeva che il ‘raccolto’ venisse accatastato in uno spazio suddiviso secondo il materiale per poi essere triturato. “Noi avremmo preferito recuperare il più possibile ma ci è stato impedito. Queste cataste di oggetti, anche preziosi, sono sottratte e rivendute a commercianti senza scrupoli”.
I gruppi di autosupporto stanno ricostruendo minuziosamente la filiera. Ad alcuni è venuta l’idea di creare un portale dove caricare le fotografie degli oggetti ‘perduti’. Poche le speranze di ritrovarli ma intanto l’indignazione cresce riappropriandosi di quello spazio della memoria occupato per troppo tempo solo dal dolore. E allora ecco che c’è chi parla del furto di conci, blocchi di pietra squadrati utilizzati sugli edifici a scopo decorativo per abbellire i portoni d’ingresso o le finestre. C’è un mercato fiorente di questo materiale” ci spiega un architetto del luogo che vuole restare anonimo.
È lui, insieme ad altri sopravvissuti, che sta cercando di organizzare il sito: ”Le pietre, quelle belle, delle nostre case sono state tutte rubate. Se potevano lo facevano sul posto di scavo, altrimenti al riciclaggio dei materiali, veniva fermato il nastro e presa la pietra. È nato un vero e proprio business sui materiali da recupero. Le pietre a differenza di un quadro o di un mobile antico sono nel loro aspetto tutte simili. Cambia la faccenda se le cataloghi al momento dello smontaggio. Ci sono antiquari che le trattavano anche prima del terremoto. Dopo la tragedia, sapevano tutto che in vaste zone al confine tra il Lazio e le Marche saccheggiavano. Da Rieti fino ad Ascoli c’è un mercato delle pietre diffusissimo. Questo tipo di materiale finisce tutto nei loro depositi, le pietre le camuffi con facilità non è un dipinto”.
Quando la mia casa è stata demolita – dice Margherita – i vigili hanno impiegato un intero giorno per smontare il portale e il camino. Erano in 12. Hanno recuperato addirittura la scala antica, anche se qualcosa poi nello smontaggio si è comunque rotto. Fare il sito delle cose scomparse è sicuramente una bella iniziativa. Anche se sono convinta che delle cose scomparse poco o niente è rimasto in zona. Una pagina veramente amara”.
Già una pagina amara di un libro già di per sé tragico, come racconta Antonia Paladini (nome di fantasia), anche lei sopravvissuta al terremoto e proprietaria di una delle case più antiche del cratere reatino: “Basterebbe andare a vedere questo mercato e i prezzi dei conci. Quello che è successo, succederà ancora e dev’essere detto per ricucire la memoria e denunciare almeno moralmente chi si è reso responsabile di questo schifo reso ancora più grave perché la normativa diceva tutt’altro. Non sono state eseguite le regole, non è stata fatto il controllo, e neppure la catalogazione”.

Sabrina Fantauzzi

Fonte: http://www.aurhelio.it/

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