Dal 1982 in Senegal si perpetua un conflitto armato per l’indipendenza della Casamance. Le vittime in trent’anni sono state migliaia e l’accordo di pace del 2004 non ha avuto i risultati sperati. Non è un’impresa facile ricostruire la storia di questa guerra, capirne le origini e le ragioni, poiché i documenti scritti sono poco numerosi e il più delle volte palesemente faziosi. Ci siamo basati principalmente sulla testimonianza diretta di François D’Assise Badiane, oggi mediatore culturale in Italia, ma fino al 2008 insegnante in Casamance, dove è nato e cresciuto ricoprendo un ruolo di primo piano in alcune associazioni giovanili attive per la pace e la nonviolenza, e sul testo di Jean-Marie François Biagui, Pourquoi la Casamance n’est pas indépendante. Une introspection prospective, edito da Clairafrique nel 2008. Altro riferimento importante è l’articolo firmato da Amady Aly Dieng, Sénégal : Aux origines de l’irrédentisme casamançais, comparso su Pambazuka News del 08/08/2008 http://www.pambazuka.org/fr/category/features/75538
La Casamance
Si tratta di una regione naturale all’estremo sud del Senegal, separata dal resto del Paese dall’enclave del Gambia – voluta dai colonizzatori inglesi – confinante a sud con la Guinea Bissau e la Guinea e a est con il Mali. E’ suddivisa in tre regioni amministrative: Ziguinchor, Sédhiou e Kolda; gli abitanti sono circa 800.000 e appartengono principalmente alle etnie Diola, Mandingue, Pulaar. Il fiume Casamance, da cui prende il nome, sfocia nell’oceano Atlantico con un sinuoso estuario ricco di mangrovie ai piedi di Ziguinchor, la città più popolosa.
Percorrendo la strada da Nord verso Sud, anche il viaggiatore più disattento potrà rendersi conto del cambiamento repentino subito dal paesaggio: i baobab, le acacie e le tinte giallastre del Sahel lasciano spazio a palme da cocco, risaie, mangrovie, alberi di mango, foreste a perdita d’occhio. L’abbondanza di corsi d’acqua, il clima e la fertilità del terreno rendono la Casamance il granaio del Senegal, ma a fronte di queste risorse la popolazione vive in condizioni di povertà estrema. L’agricoltura di sussistenza rappresenta l’attività principale insieme alla pesca e all’allevamento, mentre l’industria è scarsamente sviluppata. Nel 2007 è stata inaugurata l’università di Ziguinchor, carente però di tutte le facoltà scientifiche.
Vi è dunque una vera e propria emorragia di energie attive verso il Nord, Dakar in testa; gli studenti che terminano il liceo e i giovani alla ricerca di un lavoro alternativo all’agricoltura emigrano nella capitale ingrossando le fila della disoccupazione, mentre nei villaggi la maggioranza della popolazione è rappresentata dagli anziani e dai bambini. Il turismo potrebbe costituire una fonte di sviluppo, ma l’insicurezza determinata dagli episodi di banditismo e dalle incursioni dei ribelli nei villaggi e nelle città è un grosso freno.
Il periodo della colonizzazione e la nascita del MFDC – Mouvement des Forces Democratiques de la Casamance
Per comprendere le origini del conflitto occorre tornare indietro nel tempo, molto più indietro del 1982. La spinta indipendentista affonda le sue radici nella strenua resistenza che i Diola, l’etnia maggioritaria in Casamance, opposero ai francesi ribellandosi a più riprese al regime coloniale, tanto da indurre il Governatore Generale Van Vollenhoven a confessare, nel 1917: “Non abbiamo la padronanza della situazione in Casamance, vi siamo solo tollerati; bisogna che la Casamance non sia più una sorta di verruca nella colonia, visto che dovrebbe esserne un gioiello” (Archives du Sénégal, 13 g 384, Il governatore generale Van Vollenhoven al Vice-Governatore Levecque, 17 novembre 1917); la Casamance come un’anomalia che avrebbe dato vita, di lì a poco, alla straordinaria parabola di Aline Sitoe Diatta, protagonista e simbolo della resistenza anticoloniale fino al 1943, quando fu deportata dai francesi a Timboctou, dove perse la vita ad appena ventiquattro anni.
Nel 1947, ben tredici anni prima dell’indipendenza, nacque il MFDC – Mouvement des Forces Démocratiques de la Casamance, fondato da Emile Badiane, Ibou Diallo e Yéro Kandé “come portavoce del popolo casamançais in lotta contro la colonizzazione” (Assane Seck, Sénégal, Emergence d’une démocratie moderne, 1945-2005, Un itinéraire politique, Karthala, 2005, p. 238) con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo dei processi democratici e il miglioramento delle condizioni di vita nell’intera regione. Non vi era, in origine, alcuna spinta all’indipendentismo e alla secessione: “Abbiamo spiegato alla popolazione che sarebbe stato contro i nostri interessi non essere integrati al Senegal. Il nostro disegno era quello di favorire una maggiore integrazione della Casamance all’interno del Senegal […] Mai, alcun responsabile, ha espresso la minima rivendicazione indipendentista […] Al contrario, se c’è qualcosa di cui i casamançais si sono sempre lamentati, è di non occupare, nelle istanze repubblicane, lo spazio meritato in virtù del peso economico e politico della loro regione” (Ibidem, p. 251). Dunque, constatando la scarsa considerazione in cui lo sviluppo della Casamance era tenuto, il MFDC aveva il compito di favorire l’effettiva parità di trattamento sul piano economico e sociale all’interno di un medesimo stato, la federazione del Mali (Senegal e Sudan). I fondatori del MFDC lavorarono in questa direzione, tanto che nel 1954 il MFDC smise di avere esistenza propria e fu assorbito nel Bloc Démocratique Sénégalais (BDS) di Léopold Sédar Senghor, il futuro presidente del Senegal libero dal giogo dei colonizzatori.
Dal 1960 al 1982
Il Senegal divenne indipendente il 4 aprile 1960 e il neo-eletto Presidente, Léopold Sédar Senghor lavorò per l’effettiva integrazione tra le diverse etnie presenti sul territorio senegalese, consapevole del fatto che la convivenza forzata avrebbe potuto trasformarsi in una polveriera. Il suo contributo alla costruzione di un Paese pacifico, in cui i diversi gruppi etnici potessero convivere fu grande e ne sono testimonianza, ancora oggi, i rapporti di cousinage tra le diverse etnie: Diola e Serere, per esempio, sono legati da un patrimonio culturale comune, fatto di riti tradizionali e miti http://www.bldsn.org/aguene_et_diambone.html
Ma che cosa accadde allora in Casamance? Che cosa non funzionò?
In primo luogo, non tutto il MFDC gradì l’assorbimento all’interno del BDS e l’ala dura si organizzò in una forza autonoma, il Mouvement Autonome de la Casamance (MAC).
Difficile seguire l’evoluzione degli eventi fino al 1982, anno d’inizio del conflitto armato e ancora più arduo comprendere il ruolo di Senghor. François d’Assise Badiane ci parla di tentativi di sabotaggio da parte del Presidente, che non avrebbe esitato a ordire veri e complotti nei confronti dei fondatori del MFDC, Emile Badiane in testa. D’altro canto fu perseguita una politica di accentramento per la quale tutte le risorse vennero dirottate su Dakar e la Casamance, il granaio del Senegal, venne utilizzata come serbatoio a cui attingere liberamente. Anche Abdou Diouf, avvicendatosi a Senghor nel 1981, continuò sulla stessa linea.
Il 1982, l’anno della rottura
La manifestazione del dicembre 1982, organizzata dagli esponenti del MFDC per protestare contro l’arresto del loro leader, Augustin Diamacoune Senghor, detto l’Abbé Diamacoune, fu repressa nel sangue. I capi si diedero alla macchia, rifondando il MFDC in una nuova versione, secessionista e armata. Ebbe il via un conflitto non ancora sedato, le cui vittime ad oggi sono migliaia. Le trattative di pace si alternarono a periodi di dura repressione, e a farne le spese fu sempre la popolazione civile, vittima inerme sia dei guerriglieri – i quali non esitavano a saccheggiare i villaggi in cerca di cibo e a costringere bambini e ragazzi ad unirsi alla guerra – che dell’esercito governativo alla caccia di ribelli e armi. I guerriglieri arrivarono persino a minare le strade secondarie, quelle più difficili da controllare.
Il MFDC, in ogni caso, non fu capace di mantenersi unito sotto la guida dell’Abbé Diamacoune e si spaccò presto in fronti diversi, il che avvenne grazie alle abili manovre del governo capace di corrompere alcuni leader armandoli contro altri. Nel 2000 il nuovo presidente, Abdoulaye Wade, si trovò per le mani una situazione esplosiva a cui non seppe – o non volle – dare una risposta soddisfacente nel corso dei suoi due mandati. Il trattato di pace del 2004 prevedeva, in cambio dello stop ai combattimenti, un vero e proprio stipendio e altri compensi in denaro ai guerriglieri pronti ad abbandonare le armi http://abidjandirect.net/index2.php?page=poli&id=5793
Wade, secondo l’opinione comune in Casamance, cercava unicamente un accordo che gli desse lustro a livello internazionale e non ha mai lavorato a favore di una effettiva riconciliazione tra le parti.
Non tutti accettarono il trattato, e Salif Sadio, l’esponente più radicale, non firmò, tanto che il suo fronte continua a dirsi in guerra ed è responsabile degli attacchi periodici ai danni di villaggi e contadini inermi che avvengono ancora oggi in Casamance. Secondo un’altra opinione corrente, attualmente non si può più parlare di conflitto indipendentista, ma di atti di banditismo i cui responsabili hanno perso completamente di vista gli obiettivi originari.
Si tratta di un conflitto etnico?
No, le basi sono di tipo economico-politico e affondano le loro radici in uno sfruttamento delle risorse in seguito al quale nulla è tornato alla Casamance in termini di sviluppo. La popolazione non ha mai voluto la secessione e i Diola si sentono senegalesi in tutto e per tutto. I leader del MFDC hanno dovuto prendere atto del sentimento di estraneità diffuso tra la popolazione nei confronti del conflitto, come dichiara Jean-Marie François Biagui, Segretario Generale del MFDC dal 2001, analizzando le cause per cui il movimento indipendentista ha fallito: “la mancanza di un’adesione franca e obiettiva alle rivendicazioni del MFDC da parte del popolo casamançais, per quanto legittima, fu il colpo di grazia che portò al fallimento definitivo delle dinamiche indipendentiste in Casamance” (Jean-Marie François Biagui, Pourquoi la Casamance n’est pas indépendante. Une introspection perspective, Clairafrique, 2008, p. 45).
Chi arma i ribelli?
La Guinea Bissau del Presidente Vieira ha fornito ai ribelli armi e rifugio fino al colpo di stato del 2009, rispetto al quale resta da chiarire quale sia stato il ruolo del capo di stato senegalese allora in carica, Abdoulaye Wade. Salif Sadio, invece, ha spostato il proprio fronte a nord, verso il Gambia. Ma armi sono state fornite anche dagli occidentali e le autorità locali riferiscono di mercenari bianchi coinvolti nel conflitto. Il MFDC ha ritenuto di dover smentire le voci circa una collaborazione tra i ribelli e gli estremisti islamici presenti in Mali http://www.seneweb.com/news/Societe/senegal-le-mfdc-dement-toute-connexion-avec-les-djihadistes-du-nord-mali_n_89422.htmlLa
La Casamance oggi
L’immagine della regione è stata danneggiata dalla guerra e, di conseguenza, il suo sviluppo economico risulta gravemente compromesso. I senegalesi stessi, in genere poco o nulla informati sul conflitto, rifiutano di recarsi in Casamance temendo per la loro incolumità. Ma la realtà è molto diversa, la popolazione locale vive in pace e desidera fortemente di ricoprire il ruolo che merita all’interno del Senegal. Allo stesso tempo i risultati di una politica di accentramento per la quale la Casamance viene ancora oggi utilizzata come serbatoio di risorse senza nulla ricevere in cambio, sono visibili nella mancanza di infrastrutture di base (ospedali, ambulatori, scuole) e di personale specializzato, nella carenza di strade che colleghino il nord e il sud del Paese degne di questo nome. Questo ultimo elemento determina, per esempio, il blocco dei prodotti agricoli in viaggio verso Dakar per più giorni al confine con il Gambia; la liaison maritime Dakar-Ziguinchor, che effettua viaggi due volte a settimana, è insufficiente a coprire il fabbisogno ed è stata ripristinata solo alla fine del 2007 dopo il disastro del battello Le Joola avvenuto nel 2002 – altra ferita indelebile e che meriterebbe ulteriori approfondimenti. http://www.kassoumay.com/joola/index.html
I giovani continuano a emigrare dalla Casamance, che viene così privata delle sue migliori energie. A chi giova questa situazione? Non al Senegal, che continuando a marginalizzare la sua regione più ricca di risorse amputa le proprie potenzialità di sviluppo. Dopo trentuno anni la Casamance merita una pace che abbia il sapore della riconciliazione e non della propaganda; pace che d’altronde corrisponde ai desideri dell’intera società civile senegalese. Il nuovo presidente Macky Sall saprà distinguersi dai suoi predecessori e ricoprire un ruolo decisivo nella soluzione del problema casamançais?
Ileana Prezioso
ALBUM
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