di Aldo Ferrara
Indietro nel tempo, 56 anni fa. Il 27 ottobre 1962, mentre a Bascapè, in provincia di Pavia, pioveva che Dio la mandava, a Palermo splendeva pigra una serata di sabato.
Un ragazzino dall’aria annoiata si trastullava in una cena di grandi, essendo ospiti un Alto Magistrato e consorte. La notizia fu battuta dall’ultimo telegiornale, interrompendo i notiziari sulla crisi di Cuba. Il magistrato non mosse ciglio ma annuì quando il padre del ragazzino esclamò “Ma questo è un assassinio; Mattei lo piangeremo e lo rimpiangeremo per decenni”. Per incidens quel Magistrato fu ucciso nel 1971: era il Procuratore Pietro Scaglione.
Il ragazzino non dimenticò mai quelle parole e nei suoi anni milanesi, una domenica andò a visitare quel filare di pioppi dove, con i brandelli del velivolo, si erano anche dissipate speranze ed ambizioni di un Paese tormentato.
«Si è vero – disse Enrico Mattei a Marcello Boldrini – mi servo dei partiti come taxi: salgo, pago la corsa e poi scendo». Dopo avvenne però il reciproco, i partiti si servirono della sua creatura, l’Eni, come di un taxi, sono saliti, forse mai scesi, e non hanno neanche pagato la corsa.
Dal gattino-ENI identificato da Enrico Mattei, la trasformazione in un mastino a sei zampe di cui una in Italia, un’altra nell’Africa Mediterranea, e un’altra ancora in Eurasia.
L’immagine del gattino risale a un’intervista televisiva. Mattei riferisce un episodio che l’aveva colpito durante uno dei momenti di relax dopo una battuta di caccia: due mastini si rifocillavano a una enorme scodella di latte che “sarebbe bastata per sei cani”. Nel mentre, un piccolo gattino si avvicinò alla scodella e allora uno dei due grossi cani con una zampata lo fece volare via, spezzandogli la schiena.
La metafora ravvisa nei mastini il cartello delle “sette sorelle”, mentre il gattino è appunto l’ENI.
Mattei aveva il disegno di far ripartire l’industria italiana con un approvvigionamento energetico che avrebbe agevolato nel Paese i consumi privati, (gas, auto etc) con il più basso costo possibile. Riteneva il problema energetico fondamentale non solo per lo sviluppo industriale ma anche per assicurare alle famiglie italiane una vita migliore. Intuizione lungimirante perché oggi l’energia è la voce più consistente di uscita del bilancio familiare.
1945-1962. Diciassette anni. Tanti ce ne vollero per dare al Paese l’energia richiesta. Dal primo incontro con l’Ing. Carlo Zanmatti, di cui apprezzò la competenza e che tenne sempre vicino a sé, alla definitiva consacrazione dell’ENI quale compagnia petrolifera di caratura internazionale. Partigiano nel Comando militare Alta Italia del CLNAI come rappresentante della nascente DC, combattente contro il nazifascismo, fu partigiano nella lotta per l’accaparramento delle fonti energetiche e partigiano lo fu anche in difesa dei popoli in via di sviluppo.
Visse con la moglie Greta in disparte, senza tentazioni di protagonismo, amante degli animali, da quelli grossi, che portava a caccia, al bassotto Osvaldo che regalò alla figlia dell’Ing. Zanmatti, Marielisa. In una sola legislatura, dal 1948 al 1953, fece istituire l’ENI e lo sviluppò. Fu il protagonista dell’Industria di Stato e sostanzialmente della ricostruzione italiana.
Diede l’avvio a una politica estera italiana nel Mediterraneo con un grande rispetto per le diverse culture e religioni che da sempre hanno distinto questo scacchiere. In buona sostanza, aveva la peculiarità guardare a orizzonti sconfinati, nel senso semantico del termine sans frontières, oggi si direbbe appunto visionario. Era un gigante nella capacità di prevedere il trend cui la società stava andando incontro.
Della sua morte si discute ancora. Ma la vicenda è comunque intricata, frutto di mille interpretazioni, alcune verosimilmente romanzate, altre no. Indiscussa la sua strenua lotta contro le «sette sorelle», e la conseguente necessità di avere una scorta, per il timore concreto di essere ucciso. Per una congerie di avvenimenti, Mattei morì nel cuore della crisi cubana, ma fu pura coincidenza o perché la sua morte, nel sommovimento planetario, passasse relativamente inosservata?
Negli ultimi mesi di vita si era affidato a un capo partigiano suo amico, il livornese Rino Pacchetti, comandante delle Brigate della Val Toce. L’uomo lo proteggeva giorno e notte e in auto passava il braccio rivestito di una maglia di ferro antiproiettile attorno al collo del presidente. Mattei era diventato insofferente nei confronti delle scorte ufficiali, sia quella della Questura sia quella dell’Eni che Cefis e Carlo Massimiliano Gritti, entrambi delle formazioni partigiane in Val d’Ossola, gli avevano organizzato. Cefis sarà poi presidente di ENI e più tardi di Montedison; Gritti lo fu di Montefibre – due figure tanto vicine a Mattei quanto idonee a sostituirlo.
Vi è un momento della vita di Mattei che sembra particolarmente esplicativo della sua politica. Nel suo incontro a Montecarlo col presidente della Standard Oil of New Jersey, ai primi di dicembre del 1959, questi chiese a Mattei di partecipare all’aumento dei prezzi e l’ingegnere gli rispose che, proprio come ente di Stato, l’Eni avrebbe dovuto fare l’esatto contrario. Infatti la filosofia di Mattei era questa: rendere al consumatore un servizio di Stato e far sì che lo Stato, cioè tutti noi, rinunciassimo al profitto industriale a beneficio della collettività.
Mattei incarnava quello spirito sociale peculiare della Sinistra di base democristiana, quella di Dossetti, La Pira, Marcora. E proprio con La Pira, dopo il famoso acquisto perorato dal “sogno della Madonna”, rivitalizza il Nuovo Pignone, decotta fabbrica fiorentina di manometri.
Questo gli offrirà la possibilità di introdurre un nuovo concetto di scambio delle merci: a noi il petrolio, a voi (inteso come Stato estero fornitore) tecnologia e strumenti. È il sistema che utilizzò anche con l’Urss, quando perfezionò l’acquisto convenientissimo di energia (petrolio e gas).
[caption id="attachment_9965" align="aligncenter" width="567"] Mattei in Sicilia. Tornando a Milano morirà nella caduta del suo aereo a Bescapè.[/caption]Se anche oggi si ricorresse a questo criterio, merce contro tecnologia, e si utilizzasse la Banca tecnologica dei pagamenti (Btp) anziché la cassa trimestrale dei pagamenti, l’erario risparmierebbe dal 35 al 40 percento. Oggi in parte questo si verifica con la presenza di numerose industrie di settore. Da quel momento è nelle mani di Eni la politica estera che, bene o male, ha sempre una connotazione economico-industriale.
Mattei e la Sicilia. L’iconografia mediatica colloca Enrico Mattei a Gagliano Castelferrato per il suo ultimo discorso, sei ore prima della morte a Bascapè. Un discorso alla folla in attesa, parole forti e cariche di passione, come era nel suo stile. “…È vero. Noi lavoriamo con convinzione. Con la convinzione che il nostro paese, la Sicilia, e la vostra provincia (Enna), possano andare verso un maggiore benessere. Che ci possa essere lavoro per tutti. E si possa andare verso una maggiore dignità personale e una maggiore libertà…”.
Ma la presenza di Mattei nell’Isola ha una lunga storia. Da lungo tempo, sin dalla Liberazione, nell’Isola c’era una cospicua presenza anglo-americana, con British Petroleum (BP), Gulf Oil e Standard Oil of New York, per l’estrazione di petrolio nelle aree di Gela e Ragusa e per la costruzione di impianti di raffinazione (Augusta e Priolo).
I Governi DC di Restivo e La Loggia sin dal 1951 e fino al 1958, nulla o poco fecero per agevolare la presenza dell’Ente di Stato in Sicilia. Lo testimonia il lungo pressing che Mattei fece sull’Assessore all’Industria, il monarchico Annibale Bianco, almeno fino al 1954.
Nel marzo del 1950 l’Assemblea Regionale Siciliana (ARS) vara una legge (LR30/50) sulla disciplina delle ricerche petrolifere, a tutto vantaggio delle Compagnie Private, senza alcuna norma sul regime monopolistico. Settecento mila ettari vengono concessi ai privati: Compagnie americane, soprattutto la Gulf Oil concentrata sul territorio di Ragusa; 200 mila sono concessi alla Montecatini e solo 4.600 all’Agip, l’Ente di Stato. Ma c’era il petrolio? C’era. E infatti nella sola area di Ragusa si passa da un’estrazione di 2550 tonn di petrolio a più di un milione di tonn complessivamente dal 1953 al 1957, pari al 12% del fabbisogno nazionale (Basile P.L., 2011). Ma l’ENI è testarda e riesce a ottenere nuove concessioni per complessivi 400 mila ettari di area da trivellare e strappa un accordo con la Regione per istituire Società joint venture con fino al 25% di partecipazione della Regione.
Ma i Governi DC, a guida la Loggia (fanfaniano), ostacolano Mattei. E nel 1958 viene eletto a sorpresa Silvio Milazzo, Assessore Regionale sin dal 1951, con l’ibrido politico di una maggioranza MSI (post-fascisti cioè) e comunisti. Un ibrido che passerà alla storia come l’epoca del milazzismo. Un intreccio tra affari e politica di cui fu testimone siciliano il veneto Graziano Verzotto, collaboratore di Mattei sin dalla Resistenza e poi eletto in Senato proprio in Sicilia. In sintesi la Sicilia fu l’ultimo e sinistro territorio di scontro tra Mattei, le Sette Sorelle e l’allora fiduciaria italiana Montecatini.
Nel 1962 dunque muore, non certo in modo naturale, Enrico Mattei, artefice della riscossa industriale italiana. Preceduto nel 1960, in altrettante circostanze poco chiare, da Adriano Olivetti, vero precursore della moderna era digitale. Stava per immettere sul mercato il primo computer da tavolo, il modello P101, battendo sul filo di lana la General Electric statunitense. Certamente trattasi di semplici coincidenze!
E il ragazzino di cui si diceva all’inizio è l’estensore di queste note, che desidera aggiungerle in Rete alle tante che già vi fluttuano. Con la speranza che personaggi come Enrico Mattei non siano dimenticati. Anche in quest’epoca che pare così lontana, così estranea ai suoi tempi.
Fonti: Foto tratte dall’Archivio ENI, Centro Documentazione e Studi ENI A. Ferrara et al. “ La vita al tempo del petrolio, oil lifestyle”, Collana ERGAM, Agorà & Co., 2017Tesi di Dottorato di PierLuigi Basile, Università Tre di Roma, Dipartimento di Studi Storici Geografici Antropologici Dottorato di ricerca in Storia (politica, società, culture, territorio) XXV ciclo La Sicilia e il “milazzismo”. Regionalizzazione politica e dinamiche centro-periferia negli anni della difficile transizione italiana (1955-59)
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