Dedico a tutti i giovani del mondo questa recensione del libro di Umberto Palagi “L’amore e la sua vita, il suo testamento. 80° del martirio di don Aldo Mei”: perché possano trovare “luce” in un mondo annebbiato. Don Aldo Mei ci insegna che non bisogna mai perdere la speranza di vita, l’amore per il prossimo, la carità e il perdono verso tutti
Olimpia Niglio
In un periodo molto complesso della storia, dove le guerre in Ucraina, Palestina, Israele, Libano, Sudan – solo per citare alcuni paesi – i conflitti civili in Malawi, Nicaragua, Nigeria e le grandi crisi economiche e ambientali che stanno colpendo tutto il pianeta, hanno rimesso in forte discussione un sistema stabile ma solo in apparenza: la sua fragilità è segnata proprio dalla grande iniquità che da tempo caratterizza le diverse realtà del mondo. Non c’è dubbio che le esperienze che hanno messo in discussione la vita umana hanno segnato fortemente le popolazioni rimettendo al centro valori etici spesso occultati.
Riproporre la vita di don Aldo Mei ad ottant’anni dalla sua fucilazione non è solo un atto di commemorazione ma principalmente un atto di amore capace di rimettere al centro i valori propri di chi ha saputo donarsi e ha saputo scegliere in piena responsabilità e nel rispetto della sua missione per il servizio all’umanità. Il libro di Umberto Palagi, edito nel novembre 2024 da “Tralerighe editore” di Lucca, consente di analizzare la complessità della vita di un sacerdote che in un particolare periodo della storia della nostra nazione aveva riposto grandi speranze verso la vita, l’amore per gli altri e la carità cristiana.
Don Aldo Mei era nato a Ruota di Capannori in provincia di Lucca il 3 marzo 1912 e aveva ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 29 giugno 1935 dall’arcivescovo Antonio Torrini, dopo aver frequentato il liceo classico e compiuto gli studi teologici.
Il 4 agosto del 1944, a Lucca, a poco meno di 32 anni fu fucilato dall’armata tedesca perché incolpato di aver nascosto e salvato un ragazzo ebreo, di aver custodito una radio per ascoltare canali vietati, di aver amministrato i sacramenti ai partigiani ma anche per aver seguito le orme di Cristo. Intanto proprio al principio di un percorso importante della sua missione don Aldo Mei ha saputo affrontare una scelta coraggiosa guidata dal Vangelo di Giovanni che ci insegna che […] Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. (GV 15, 13).
E fu proprio così. Don Aldo Mei aveva espresso chiaramente questo pensiero elaborato in una lettera, parte integrante del suo testamento, dove aveva scritto:
[…] Muoio anzitutto per un motivo di carità – per aver protetto e nascosto un carissimo giovane – Raccomando a tutti la carità. Regina di tutte le virtù. Amate Dio in Cristo Gesù.
E ancora come Gesù, seguendo il Vangelo di Giovanni aveva elaborato il comandamento dell’Amore che raccomandava a tutti affermando:
Amatevi come fratelli – Muoio vittima dell’odio che tiranneggia e rovina il mondo – muoio perché trionfi la carità cristiana. Amate la Chiesa – Vivete e Morite per Lei – È la vita e la morte più bella.
Da tutto ciò scaturisce la figura di un nobile patriota e sacerdote che quotidianamente dedicava il proprio servizio al prossimo, proteggendo i perseguitati e lottando contro le oppressioni. Il suo coraggio e il suo sapersi donare per la vita lo aiutava a sopportare le atrocità che ogni giorno affrontava, guardando con speranza al futuro. Tollerava con esemplare serenità ogni tipo di minaccia senza mai compromettere la sicurezza della vita altrui e soprattutto senza mai rinnegare la sua missione e dedizione alla fede. Fu condannato a morte e fu costretto a scavarsi la fossa e a non ricevere alcun conforto, i Sacramenti gli furono negati. Nonostante tutto questo don Aldo Mei fino all’ultimo minuto della sua vita terrestre con la sua mano implorante a Dio chiedeva perdono per i suoi carnefici e implorava l’atto di fede per perseguire la giustizia e la libertà. Fu un giovanissimo martire della Chiesa che con coraggio, rinunciando alla vita terrena, ha saputo difendere i valori umani e cristiani.
Che il suo impegno possa essere oggi di grande esempio come resistenza al male. Infatti gli eventi che caratterizzano oggi tanti territori della nostra “casa comune” ritrovano proprio nella storia di sacrificio e di fede di don Aldo Mei un esempio di come l’amore per il bene comune e la carità possano sconfiggere l’odio verso il prossimo e la morte.
Tutto questo trova conferma anche nelle parole espresse dal Cardinale Matteo Maria Zuppi che nella prefazione al libro ricorda che […] Don Aldo aveva 32 anni. I problemi li affrontò e non se ne risparmiò nessuno! […] ed ancora il tutto suggellato dall’Arcivescovo di Lucca, Mons. Paolo Giulietti che proprio confrontando la vita del giovane Don Aldo con la contemporaneità afferma che […] La gloriosa libertà della sua coscienza è anche per i nostri giorni una testimonianza preziosa: la propaganda ha cambiato veste e obiettivi, ma si è dotata di strumenti assai più efficaci per addormentare e asservire le coscienze a una cultura individualista, edonista e per questo sottilmente ma intrinsecamente egoista e violenta. La carità cristiana conduce altrove […].
Quella carità è sottolineata anche nelle prefazioni elaborate da Mons. Italo Castellani, Arcivescovo emerito di Lucca, dal presidente della Regione Toscana Eugenio Giani e dal presidente della Provincia di Lucca Marcello Petrucci. Sono temi su cui è opportuno riflettere e far riflettere i giovani che spesso si allontanano dalla fede per perseguire vane e illusorie destinazioni.
E così, continuando la semina in nome dei valori dell’amore, della vita e della carità cristiana il pellegrinaggio della vita di Don Aldo è stato oggetto anche di un’importante mostra dal titolo “Don Aldo Mei. La forza dell’amore: testimone fino al sangue” a cura di Umberto Palagi e Andrea Giannasi, con illustrazioni di Andrea Petruzzi, che ha avuto luogo presso la Chiesa di San Michele in Foro a Lucca dal 30 ottobre al 4 novembre. Vi sono risuonate alte le sue ultime parole:
“Muoio travolto dalla tenebrosa bufera dell’odio, io che non ho voluto vivere che per l’amore! “Deus Caritas est” e Dio non muore. Non muore l’amore! Muoio pregando per coloro stessi che mi uccidono. Ho già sofferto un poco per loro. È l’ora del grande perdono di Dio!”.
Sono parole che tornano nella lettera enciclica Dilexit Nos del Santo Padre Francesco sull’amore umano e divino del Cuore di Gesù Cristo pubblicata il 24 ottobre 2024 e in cui al punto 59 leggiamo:
Amore e cuore non sono necessariamente uniti, perché in un cuore umano possono regnare l’odio, l’indifferenza, l’egoismo. Ma non raggiungiamo la nostra piena umanità se non usciamo da noi stessi, e non diventiamo completamente noi stessi se non amiamo. Quindi il centro intimo della nostra persona, creato per l’amore, realizza il progetto di Dio solo se ama. Così, il simbolo del cuore simboleggia allo stesso tempo l’amore.
La vita di don Aldo Mei si attualizza anche nelle pagine di questa importante enciclica che ci invita a comprendere, alla luce della Parola di Dio, quale significato riconoscere nell’azione del sapersi donare e mettersi al servizio, e che cosa il Signore si aspetta veramente da noi che ogni giorno siamo chiamati ad assumere un impegno attivo per il bene comune e ad orientare chi si è “perso” a ritrovare la retta via.
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