Da Tejero 1981 alle rivolte del 2021. Stalinismo e indipendentismo fanno il paio

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Leonardo Servadio

Erano le 18,24 del 23 di febbraio del 1981 quando molti agenti della Guardia Civil spagnola, al comando del ten. col. Antonio Tejero Molina entrarono armati di mitra e pistole nel Parlamento spagnolo a Madrid. I parlamentari stavano per votare Leopoldo Calvo Sotelo come nuovo presidente del governo in sostituzione del dimissinonario Adolfo Suarez, entrambi del partito UCD (Unione di Centro Democratica). È stato l’ultimo tentativo di colpo di Stato avvenuto sul territorio europeo e fu sconfitto rapidamene dalla pur giovane democrazia spagnola. In Spagna nel 2021, a quarant’anni di distanza, l’evento è stato celebrato con particolare afflato, sia per la rilevanza della cifra tonda dell’anniversario, sia, soprattutto, perché gli eventi correnti nel Paese danno l’idea che l’assetto costituzionale attuale sia tornato sotto minaccia a opera di diverse forze politiche.

Appare sproporzionata la poca e distratta attenzione che in Italia, ma in generale negli altri Paesi europei, si riserva ai movimenti legati alle pulsioni indipendentiste della Catalogna in questi ultimi anni: dal punto di vista di molti spagnoli tali movimenti appaiono destabilizzanti, come destabilizzante avrebbe potuto essere il tentativo di golpe del 1981, se fosse riuscito. Anche quel tentativo di golpe non fu oggetto di grante attenzione: in Italia fu notato quasi en passant dai mass media, anche a causa del fatto che si esaurì rapidamente. Ma non per questo è da considerarsi come un fatterello di secondaria importanza. Né sono di secondaria importanza i tentativi separatisti ancora in corso che, sebbene siano portati avanti da ambienti politici di stampo diverso da quelli che tentarono il golpe dell’81, sul piano della destabilizzazione hanno effetti potenzialmente tanto dirompenti quanto quelli che avrebbero potuto sortire da quell’operazione militare.

Il tentativo dell’81 fu portato avanti da ampi settori degli apparati militari, ed ebbe tre elementi cardine: oltre a Tejero, il gen. Alfonso Armada e il gen. Jaime Milans Del Bosch. Quest’ultimo, mentre Tejero prendeva possesso del Parlamento, quale comandante della regione militare di Siviglia dichiarava lo stato di assedio e dispiegava i carri armati per le strade. Tejero disse ai parlamentari da lui sequestrati che presto sarebbe arrivata l’Autorità militare a prendere possesso del governo del paese, e con questo intendeva proprio il gen. Milans.

Verso la mezzanotte invece giunse in Parlamento il gen. Armada che, essendo stato responsabile militare della Casa del re da quando questi aveva assunta la carica di capo dello Stato spagnolo dopo la morte del dittatore Francisco Franco e fino al 1977, intendeva presentarsi come emissario del re medesimo e, sulla base di un abboccamento che aveva avuto con esponenti del PSOE (Partido socialista obrero español) a Lleida alcuni mesi prima, annunciò a Tejero che aveva intenzione di formare un governo con la partecipazione di diversi esponenti politici, anche del PSOE e del PCE, il Partito comunista. “Sono disposto a sacrificarmi come capo del governo” disse Armada. Peraltro Sabino Fernández Campo, il generale che gli era succeduto quale responsabile della Casa del re, aveva provveduto a evitare che Armada potesse avere un incontro col re quella notte: se ci fosse riuscito, Armada avrebbe potuto effettivamente apparire come suo emissario. Si ritiene che questo momento fu quello in cui si incrinò l’iniziativa golpista: infatti Tejero era di tutt’altro avviso rispetto ad Armada e non aveva alcuna intenzione di permettere che i partiti politici prendessero parte a un governo post-golpe. Privo del sostegno del monarca e non bene accolto da Tejero, Armada lasciò il Parlamento.

Tejero rappresentava l’umore più ampiamente diffuso nelle Forze armate del Paese in quel periodo: erano passati pochi anni dopo la morte di Franco. Questi aveva retto la Spagna, dalla fine della guerra civile nel ’39, con modi simili a quelli coi quali si dirige una caserma. Il regime franchista infatti è stato sostanzialmente un regime militaresco e la Forze armate spagnole nel corso di quei decenni si trovarono in posizione di privilegio: non di servizio, ma di dominio. C’era stato bensì l’influsso di un partito politico: la Falange, fondata nel 1933 da José Antonio Primo de Rivera sulla base dell’ispirazione fascista, ma dopo la morte del fondatore e dopo la guerra civile (1936-39) tale partito aveva conosciuto diverse vicissitudini e alla fine era stato assorbito dal Movimiento, cioè la formazione politica voluta da Franco per mobilitare il supporto popolare alla dittatura.

Ultimo segretario generale del Movimiento, dopo la morte di Franco, era stato Adolfo Suarez. Significativo è che un membro della Guardia Civil che stette con Tejero nell’emiciclo parlamentare nelle ore durante il tentativo di golpe, Gonzalo Diaz, che all’epoca aveva 26 anni, abbia dichiarato al giornale El Español a quarant’anni di distanza e per la prima volta, che se avesse dovuto sparare a qualcuno, avrebbe colpito proprio Adolfo Suarez (El Español, 23 febbraio 2020: “No tiré a dar, sino haria apuntado a Adolfo Suárez”). Diaz sparò una raffica di mitragliatrice contro le pareti e il soffitto dell’aula del Parlamento mentre Tejero intimava ai parlamentari di accucciarsi. Solo tre non lo fecero: il ministro della Difesa gen. Gutierrez Mellado, il segretario del PCE Santiago Carrillo e Adolfo Suarez, gli unici che vollero riaffermare la dignità del potere civile, espressione della giovane democrazia spagnola, a fronte del sopruso e della forza bruta.

Suarez era odiato dai militari: lo consideravano il traditore dell’eredità franchista, per aver introdotto il regime parlamentare ed aver favorito l’elaborazione della Costituzione democratica, che fu approvata con referendum popolare nel 1978.

Il tentativo di golpe rientrò quando il re verso l’una e mezzo di notte inviò al Paese un messaggio televisivo in cui invitava le Forze armate a rimettersi alla Costituzione e a rientrare nei ranghi. Essendo stato nominato da Franco quale suo successore, il monarca era considerato dalla maggioranza dei militari l’erede legittimo del defunto dittatore e pertanto gli obbedirono. Prima della trasmissione televisiva del suo messaggio, re Juan Carlos aveva parlato al telefono con tutti i comandati delle regioni militari per sondare i loro umori e assicurarsi la loro lealtà.

Il tentativo di golpe terminò così; seguirono il processo e le condanne ai capi militari coinvolti. Ma in realtà già in precedenza vi erano stati preparativi per un golpe, e continuarono anche dopo il febbraio ’81: gli umori in ambito militare hanno tardato anni prima di riconciliarsi con il regime democratico.

Tale ritardo ha avuto luogo non solo per via dell’inerzia ideologica, ma anche perché per anni le forze armate e di polizia spagnole si son trovate a reagire alle attività di gruppi terroristi separatisti, in particolare i baschi dell’ETA che solo nel 1980, l’anno più sanguinoso, hanno ucciso 93 persone, tra cui molti militari e poliziotti. Gli assassinii dell’Eta son continuati dal 1968 al 2001. Anche gli indipendentisti catalani hanno costituito nel 1968 un gruppo terrorista, il Grapo (Gruppo di resistenza antifascista primo di ottobre) che si è macchiato di diversi assassinii. In Spagna tra il 1983 e l’87 agirono anche i Gal (Gruppi antiterrotisti di liberazione) che si ritiene siano stati costituiti da persone legate alle forze militari o della sicurezza, per condurre la “guerra sporca”: hanno ucciso 27 persone ritenute parte dei, o vicine ai gruppi terroristi. Apparato militare franchista e movimenti terroristici si sono reciprocamente sostenuti nel loro rapporto conflittivo.

Nel ricordare alla televisione spagnola gli eventi del 23 febbraio 1981, un ex parlamentare del PSOE ha riferito che quando la mattina del giorno seguente al sequestro poté uscire dal Parlamento aveva in mente i versi di Antonio Machado (1875-1938): “Españolito que vienes / al mundo te guarde Dios / una de las dos Españas / ha de helarte el corazón ”. Giovane spagnolo, una delle due Spagne ti gelerà il cuore: tensioni dilaceranti hanno accompagnato infatti la storia del Paese iberico per secoli.

Nel corso degli ultimi decenni, grazie alla transizione alla democrazia, la Spagna ha conosciuto un imponente sviluppo economico e sociale. Ma ancora si manifestano tensioni tra le due Spagne: i localisti contro coloro che affermano una sovranità nazionale, gli indipendentisti contro i centralisti, gli anarchici contro le istituzioni, la destra contro la sinistra, o nell’800 i liberali contro i conservantori. Nulla di nuovo, ancor prima che il matrimonio tra Isabella di Castiglia e Ferdinando di Aragona (1569) creasse le condizioni per l’unità della Spagna, i nobili catalani si riballavano contro il regno di Argona, e ambivano all’indipendenza che peraltro mai son riusciti a ottenere.

Pochi giorni prima della ricorrenza del golpe, il 16 febbraio 2021, è stato incarcerato un rappero, Pablo Hasel, per apologia di terrorismo e ingiurie alla corona (cioè al capo dello Stato). Non poteva più beneficiare della sospensione della pena essendo questa la seconda condanna per identici fatti. Nelle sue canzoni vi sono frasi del tipo “qualcuno pianti una piccozza sulla testa di José Bono”: il riferimento è ovviamente al modo in cui fu assassinato Lev Trockij nel 1940 dall’agente staliniano Mercader, e Bono è un politico del PSOE, già ministro della Difesa e presidente della comunità autonoma di Castilla-La Mancha. Oppure, altra citazione di Hasel, “è il caso che esploda l’automobile di Patxi López”, essendo López un altro politico socialista, attualmente presidente della commissione costituzionale del Parlamento spagnolo. O “I Grapo erano una difesa contro l’imperialismo”: un gruppo terrorista considerato come un movimento di liberazione, lo Stato democratico e costituzionale spagnolo considerato come imperialista. Insomma, Hasel propugna l’indipendentismo catalano nella sua variante più violenta. A seguito del suo incarceramento decine di ragazzi sono scesi in piazza per protestare e per giorni hanno messo a ferro e fuoco diverse vie di Barcellona, Madrid, e altre città. Incendiando cassonetti, distruggendo vetrine, automobili, motociclette, provocando scontri con la polizia: solo gruppi organizzati e preparati sono in grado di compiere azioni di questo tipo. Sono le due Spagne che pur dopo decenni di relativa pace sociale riemergono.

Scontri di piazza a Barcellona, 17 febbraio 2021

Non sono pochi tra coloro che hanno vissuto il momento della transizione dal franchismo alla democrazia, a considerare un miracolo il modo pacifico in cui tale passaggio è avvenuto. Miracolo è pure considerabile il fatto che nel tentativo di golpe dell’81 non ci siano state vittime. Fu anzi la prova del fuoco per la giovane democrazia spagnola che da allora celebra quell’evento come un passaggio fondamentale. Si ritiene che i ragazzi che oggi si lasciano irretire dagli incitamenti alla violenza non si rendano conto di come sia cambiata la Spagna dal franchismo a oggi.

Ma forse il problema oggi è più fondamentale, e più ampio. I fanatici che praticano la violenza in Spagna oggi sono “sovranisti”, “nazionalisti”: proprio come i seguaci di Trump che hanno invaso manu militari il Campidoglio di Washington DC il 6 gennaio 2021. Questi si considerano di “destra”, i ragazzi spagnoli probabilmente si considerano di “sinistra” e sono guardati con simpatia dalle sinistre, a partire dal partito spagnolo Podemos, attualmente al governo col PSOE.

Ma i tempi sono cambiati, e checché ne dicano Podemos o altri, lo scontro politico oggi è spostato su altre linee. Già lo scrissero con lungimiranza Ernesto Rossi e Altiero Spinelli nel Manifesto di Ventotene del 1941: “la linea di divisione fra i partiti progressisti e partiti reazionari cade perciò ormai… lungo la sostanziale nuovissima linea che separa coloro che concepiscono, come campo centrale della lotta quello antico, cioè la conquista e le forme del potere politico nazionale, e che faranno, sia pure involontariamente il gioco delle forze reazionarie, lasciando che la lava incandescente delle passioni popolari torni a solidificarsi nel vecchio stampo e che risorgano le vecchie assurdità, e quelli che vedranno come compito centrale la creazione di un solido stato internazionale, che indirizzeranno verso questo scopo le forze popolari e, anche conquistato il potere nazionale, lo adopereranno in primissima linea come strumento per realizzare l’unità internazionale”.

Oggi che esistono organismi internazionali quali la UE e l’ONU che con fatica i diversi Paesi cercano di migliorare attraverso laboriosi procedimenti informati ai principi della democrazia, che cosa si prefiggono i vari movimenti inpidendentisti, nazionalisti, rivoltosi che si agitano nelle due sponde dell’Atlatico? Ragionevolmente, che si scaglino contro i cassonetti a Barcellona o contro il Congresso negli USA sembrano proprio inquadrabili nella stessa genia di un Tejero.

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