di Romina D’Ascanio
Nel luglio 2014, l’Australia in quanto presidente del G20 per l’anno 2014, ha ospitato a Sidney il B20 Australia a seguito del quale sono emerse nuove possibilità circa l’economia e gli scambi commerciali tra alcuni dei paesi G20 e in particolar modo tra Russia e Turchia. Il B20 (Business Summit 20) è un vertice di imprenditoria che riflette il ruolo chiave del settore privato come il volano principale di una forte crescita, sostenibile ed equilibrata, esso raggruppa le maggiori compagnie provenienti dai paesi che compongono il G20 al fine di favorire un maggior dialogo tra imprenditoria e propri governi oltre all’espansione della rete commerciale tra le nazioni. Cinque anni fa la BDI (Bundesverband der Deutschen Industrie) propose di organizzare, prima di ogni G8, un meeting di organizzazioni economico-commerciali tra i membri G8. Si è poi scelto di attuare lo stesso metodo di cooperazione anche tra le 20 nazioni e nel 2010 Toronto ospitò il primo B20 seguito nello stesso anno da Seul 2010 e negli anni successivi da Francia 2011, Messico 2012 e Russia 2013. Il B20 è organizzato intorno a dodici temi cruciali per la comunità imprenditoriale e prioritari per il G20: energia, materie prime, sviluppo e sicurezza alimentare, commercio e investimenti ecc. ed è costituito dai presidenti delle confederazioni commerciali dei paesi del G20 e da 120 amministratori delegati e presidenti di un certo numero di aziende globali. Essi sono raccolti in 12 gruppi di lavoro (divisi appunto per tematiche) per elaborare proposte concrete le quali vengono poi presentate al Capo dello Stato e del Governo e vagliate nelle conclusioni finali del G20. A margine del summit, il ministro dello Sviluppo Economico russo Alexei Ulyukayev aveva dichiarato all’agenzia di stampa russa RIA Novosti che il ministro dell’Economia turco Nhiat Zeybekci aveva espresso un interesse a stabilire una più stretta cooperazione con l’Unione economica eurasiatica. “Abbiamo discusso le possibili forme di cooperazione, compresa la formazione di una zona di libero scambio tra l’Unione e la Turchia. Abbiamo quindi deciso di creare un gruppo di lavoro e di iniziare una discussione più dettagliata di queste possibilità e prospettive a settembre” queste le parole del ministro russo. Nel 2000 Russia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan fondarono la Eurasian Economic Community (EurAsEC) i cui obiettivi principali sono l’attuazione di un’unione doganale e un mercato comune tra gli stati post sovietici e l’armonizzazione delle tariffe doganali; la sua formazione da l’impulso per la creazione delle successive cooperazioni economiche tra gli stati post-sovietici. Già tre anni più tardi venne fondata la Single Economic Space (SES) of Belarus, Kazakhstan and Russia. Nel 2007 Russia, Bielorussia e Kazakistan firmarono un trattato che istituì l’ECU. Nel maggio 2014 Russia, Bielorussia e Kazakistan hanno firmato un accordo che dal gennaio del 2015 vedrà la formazione della Eurasian Economic Union (EEU) come risultato della fusione tra ECU e SES. Essa potrebbe esplicitamente porsi come alternativa alla UE per gli stati che, come la Turchia, intendono espandere il loro mercato commerciale il quale, a causa della crisi europea e americana, risulta danneggiato o in calo. La Russia è seconda solo all’Unione Europea tra i partner commerciali turchi e la Turchia si posiziona all’ottavo posto tra i partner della Russia: questo la dice lunga sulle prospettive economico-politiche di uno stato come la Turchia, membro NATO e aspirante membro UE che invece sta esplorando la possibilità di stringere rapporti commerciali con la EEU. Ma la proposta turca si è spinta ben oltre, essa vorrebbe stabilire un polo logistico in Russia, creare una fitta rete di collegamenti marittimi, aeroportuali, ferroviari e autostradali tra Ankara e Mosca e gestire il mercato con le monete nazionali. Quest’ultima proposta sembra configurarsi come il fulcro dell’intera trattativa specialmente in riferimento alla crisi ucraina, come fa notare John C.K. Daly in un articolo apparso su www.silkroadreporters.com, che vede in aumento le sanzioni di Stati Uniti verso la Russia. Se da una parte Putin potrebbe prevedere di proteggere la propria economia in virtù di scambi effettuati con valute diverse dal dollaro, dall’altro la Turchia potrebbe frenare la dipendenza della sua economia dal dollaro americano e quindi da possibili ripercussioni che le sanzioni occidentali causerebbero all’economia russa e ai suoi partner commerciali. Si registra che nel 2013 il volume degli scambi commerciali tra Turchia e Russia ammonti a 32,7 miliardi di dollari. Nonostante si sia avuto un calo del 4,5% rispetto al 2012, nei primi cinque mesi del 2014 esso si è ripreso dello 0,6% e Ulyukayev rassicura: “il calo è dipeso in generale dal contesto economico mondiale sfavorevole. Il nostro obiettivo è quello di mettere il massimo impegno per preservare il positivo commercio bilaterale”. Ad Istanbul verranno discussi, a settembre, i termini della trattativa turco-russa intrapresa a Sidney e che prospetta nuovi scenari che potrebbero arricchire l’attuale rapporto economico tra le due nazioni già fortemente legate a livello energetico.
[simpleazon-link asin=”0275955966″ locale=”it”]The Political Economy of Turkey in the Post-Soviet Era: Going West and Looking East?[/simpleazon-link]
]]>