FRONTIERE

Architetture in legno, per abitare il paesaggio

Leonardo Servadio

“Nei 40 anni della mia professione di architetto non ho mai realizzato un tetto che non fosse di legno” scrive Edoardo Milesi nel volume “Abitare il legno”. Pagina dopo pagina compaiono decine di architetture dove il legno, si potrebbe dire, la fa da padrone: sono le opere che ha realizzato lo Studio Archos soprattutto tra la Bergamasca e la Toscana. E non solo le strutture delle coperture sono in legno, ma lo sono tanti pavimenti, soffitti, soppalchi, pareti interne e esterne, terrazze, facciate, mensole, ecc. E no, non si può dire che la faccia da padrone: si associa con armonica grazia a altri materiali, all’acciaio, alle lamiere in zinco-titanio, alle pietre, al laterizio… Ma il legno ha qualcosa di più: respira. Lo si sente nel profumo che emana, lo si vede nelle venature che ne percorrono superfici e spessori, lo si percepisce nelle vibrazioni che intreccia coi movimenti dell’aria da cui è circondato, lo si indovina nel canto che vi riecheggia pur nel silenzio (e s’è mai visto un violino che non fosse di legno?).

Tra i tanti materiali di cui si compongono gli edifici, il legno è quello con cui più immediata è la vicinanza, proprio perché la sua materia è intrisa di un respiro profondo, che resta nel tempo, anche dopo che è tagliato e lavorato. E respiro vuol dire vita, partecipazione alla maestosa dinamica secolare dei cicli naturali, e vuol dire ritmo, alternanza di passi: non la sorda omogeneità del cemento o del ferro ma la continua variabilità dei riflessi di luce e colore, simili a quelli delle onde di una superficie d’acqua appena increspata dalla brezza.

E insieme col respiro, il legno ha personalità: non c’è un singolo legno, ma la vasta varietà delle specie, per non dire della particolarità di ogni singolo albero, coi suoi rami, e con le dimensioni e i viluppi del suo tronco.

Ma il discorso di Milesi non è generico, né teorico. La sua è piuttosto una scelta militante che si è tradotta nella pratica architettonica e questa nel tempo lo ha portato a raccogliere, per studio ed esperienza, un’ampia conoscenza dei diversi tipi di legno, con le caratteristiche che li contraddistinguono e che li rendono adatti a diversi ambienti, e che offrono diverse prestazioni, di valore insieme funzionale ed estetico.

Poiché respira, cioè ha un continuo scambio trasformativo con l’ambiente, il legno si modifica nel tempo: può scurirsi, si stagiona, può giungere a mineralizzarsi.

“Mai mi è capitato – scrive Milesi – di sbagliare abbinamenti. Il legno invecchiato naturalmente non stona mai, è sempre di grande eleganza nella sua umiltà, proprio perché riesce a mantenere sempre la sua personalità”. E proprio perché ha personalità, va conosciuto nelle sue molteplici varietà. Il rovere, duro, tannico e senza nodi; il larice elastico, morbido, impregnato di una resina gommosa; il faggio o la betulla che sono usati per le pavimentazioni nel Nord Europa pur essendo teneri, perché lì si usa camminare in casa senza scarpe e quel tipo di legno attutisce meglio le cadute dei bambini. E poi il mogano, il teak, l’acacia, la betulla, l’ulivo, il pioppo, il cedro, il bambù… Milesi elenca i vari tipi di legno, ne spiega le caratteristiche suggerendo le propensioni a diversi usi.

Oggi, con la crescente tendenza verso la bioedilizia, il legno sta diventando di moda nel costruire. Ci sono già i primi grattacieli di legno e altri ne sorgeranno. Il crollo delle Twin Towers a Manhattan ha messo in rilievo la fragilità della struttura in acciaio per via della rapidità con cui questo materiale cede al calore delle fiamme: le strutture in legno paradossalmente sono più sicure perché, seppure possano bruciare, lo fanno lentamente e danno tempo di intervenire per spegnere eventuali incendi.

Nello scorrere le pagine del volume si apprezza come il legno si presti a interpretare disegni architettonici di assoluta modernità, e come possa abbinarsi con facilità a diversi materiali: anzi, proprio questi abbinamenti conferiscono carattere agli edifici: e si parla sempre di legno mantenuto nella sua autenticità, non occultato sotto strati di vernice. Legno che si presenta per quel che è, e proprio in questo diviene anche motivo ornamentale.

Ecco dunque le cellule abitative della foresteria del pellegrino nel monastero di Siloe: protese dal culmine della collina e poggiate sul declivio, come una palafitta con zampe a “V”. Tutte in assi di larice massello, tranne il manto di copertura in zinco titanio: sono “assolutamente traspiranti e performanti dal punto di vista climatico” e antisismico. Il legno accoglie l’irraggiamento solare e lo trasmette nella notte, isola del calore e dal freddo. Consente di realizzare strutture semplici quanto efficaci che si inseriscono con naturalità nel paesaggio.

Sono innumerevoli gli esempi di ville progettate da Milesi con facciate composte da listoni lignei che accompagnano grandi finestrature realizzando un dialogo assieme intenso e intimo col paesaggio. Spicca il Roccolo abitato, moderna interpretazione di questa struttura un tempo utilizzata per l’uccellagione, progettato come villa immersa nella natura e pronta a ospitare, negli alloggiamenti che ritmano le sue facciate, i nidi di quei volatili che un tempo in quel sito venivano catturati.

Alcune tra le sue realizzazioni sono composizioni di due parallelepipedi sovrapposti ortogonalmente: tra questi proprio lo Studio Archos ad Albino: struttura metallica a vista, pareti in legno massello, ampie aperture. L’immagine della leggerezza, di qualcosa che poggia sul paesaggio, e lo abita senza disturbarlo. Il legno ha qualcosa di magico, è questione di saperlo scoprire.

Edoardo Milesi, Abitare il legno

(Archos, pagine 306, euro 38,00)

Cover Photo: quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale. Per attribuzione: “MJN STUDIO, www.frontiere.info

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