Alzare bandiera bianca: la rilevanza strategica delle parole di papa Francesco

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La Manciuria esterna («Amurski Obwod» e «Provincia Nadmorska») nel 1903, 45 anni dopo l'annessione da parte della Russia. Tuttora un luogo di potenziale conflitto tra la Cina e la Russia. Foto Wikimedia, pubblico dominio.

La proposta avanzata da papa Francesco e diffusa il 9 marzo 2024 (v. https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2024-03/papa-francesco-ucraina-intervista-rsi-risposta-matteo-bruni.html ), di aprire un negoziato di pace in Ucraina non è alcunché di nuovo, né v’è papa alcuno che non abbia supplicato di mettere fine alle guerre in questi ultimi secoli. Ma ha causato sorpresa in alcuni per via della frase in cui esalta “il coraggio della bandiera bianca”. Bandiera bianca vuol dire chiedere tregua e dopo oltre due anni di guerra a seguito dell’invasione russa, con la relativa mobilitazione politica e massmediatica, dopo che l’Occidente tutto s’è schierato per sostenere la difesa ucraina, può suonare strano proporre di alzarla. Anche perché sembra che se si negozia con la bandiera bianca in mano ci si mette in posizione di debolezza.

D’altro canto qualcuno deve pur incominciare, per aprire un dialogo di pace. Già dalla fine del 2023 si sono manifestati segni di stanchezza nella resistenza ucraina, eroica ma sempre più problematica per il semplice fatto che la Russia che cercano di arginare è il paese più vasto del mondo, con una produzione industriale che dal tempo dell’Urss è in gran parte orientata alla produzione bellica, e con una popolazione totale attorno ai 150 milioni di persone – laddove l’Ucraina ha una popolazione di poco superiore ai 40 milioni di persone e una produzione in prevalenza agricola, quella industriale essendo concentrata nelle zone orientali occupate dalla Russia. Sono emersi segni di stanchezza anche in vari Paesi occidentali che sono chiamati a esborsare contributi economici per quella guerra e a aumentare la propria produzione di armi.

Va osservato inoltre che analisi statistiche compiute nel 2012 e 2017 da Ilko Kicheriv Democratic Initiatives Foundation di Kiev (https://dif.org.ua/en/article/public-opinion-of-the-population-of-ukraine-on-nato) mostrano che se nelle regioni occidentali e centrali del paese la maggioranza è favorevole che l’Ucraina si unisca alla Nato, nel sud e nell’est del paese la maggioranza è contraria alla Nato (a sud il 43 percento è contraria il 33 percento indecisa, e a est il 53 percento contraria e il 15 percento di indecisa). Le zone prevalentemente contrarie a unirsi alla Nato sono quelle dove maggiore è il numero di russoparlanti e sono anche quelle occupate dalle truppe russe. Ovviamente la Russia dopo i movimenti di piazza del 2012 (Euromaidan) ha lavorato in quelle aree con l’obiettivo di recuperarle al proprio dominio: dal suo punto di vista l’allontanarsi dei paesi che avevano fatto parte dell’impero sovietico è un affronto. Tanto più se si uniscono alla Nato, alleanza militare sorta proprio per contrastarla. Insomma, sul piano geopolitico vi sono ragioni che spingono la Russia a cercare di recuperare il controllo su almeno le parti russofone dell’Ucraina.

Non a caso l’ambasciatore Sergio Romano ha sempre sostenuto che sia meglio che l’Ucraina resti un paese neutrale. Come ha ribadito nel marzo del 2022: “È stato completamente irragionevole prospettare la possibilità dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Perché la Nato è un’organizzazione politico-militare congegnata per fare la guerra quando in gioco sono gli interessi del dominus dell’Alleanza atlantica: gli Stati Uniti. Ora, se Washington punta all’ingresso dell’Ucraina nella Nato vuol dire che la guerra può essere portata alle frontiere della Russia. Questa è comunque la percezione di Mosca di cui non si può non tener conto” (v. https://www.ildenaro.it/guerra-in-ucraina-lanalisi-di-sergio-romano/ ). Né Romano è stato l’unico diplomatico a ragionare in questi termini, lo stesso Henry Kissinger prima dell’invasione russa si era dichiarato favorevole a che l’Ucraina divenisse un paese neutrale, salvo cambiare idea dopo l’invasione.

La morale e la Realpolitik

E questa mutazione di opinione di Kissinger enuclea il problema: certamente sarebbe stato meglio evitare una situazione che agli occhi russi appare provocatoria ma, messi di fronte al fatto compiuto dell’invasione militare, come si può accettare che ancora una volta (dopo i fatti di Ungheria nel 1956 e di Cecoslovacchia nel 1968) la Russia invada un paese sovrano vicino per imporre il suo diktat?

In tali condizioni, che papa Francesco si spinga a proporre che l’Ucraina alzi bandiera bianca è qualcosa che appare fondato solo su considerazioni di carattere morale, civile e religioso: le guerre si traducono in un massacro di popolazioni civili oltre che di militari e questo non è accettabile e si richiede di mettere in campo tutto quanto sia umanamente possibile per fermarle.

Il punto che si desidera qui evidenziare è che in realtà la sua proposta ha anche una fondamentale rilevanza strategica e geopolitica. Perché le guerre, e tanto più quelle che durano a lungo e che coinvolgono diverse nazioni, recano ferite nel corpo di tutta l’umanità che durano nel tempo con conseguenze nefaste per tutti e per lo stesso assetto geopolitico per primeggiare nel quale vengono combattute.

Appelli dei papi e dittature

Si ricordi l’appello che pubblicò papa Benedetto XV nell’agosto 1917, tre anni dopo l’inizio della prima guerra mondiale, chiedendo di giungere “quanto prima alla cessazione di questa lotta tremenda, la quale, ogni giorno più, apparisce inutile strage” (https://www.vatican.va/content/benedict-xv/it/letters/1917/documents/hf_ben-xv_let_19170801_popoli-belligeranti.html). Già a un anno dallo scoppio del conflitto aveva richiesto che lo si risolvesse subito con la forza del diritto e non con quella delle armi. Per mettere fine alla carneficina e far prevalere gli interessi dell’umanità su quelli del presunto vantaggio economico, del rispetto tra gli stati invece della pretesa di soverchiarsi a vicenda: un atteggiamento morale di fronte alla tracotanza della forza bruta. Tali appelli non furono ascoltati e il danno non fu soltanto l’immensa perdita di vite umane, ma fu anche l’emergere delle dittature che hanno funestato tutto il XX secolo. Queste sono state tutte figlie dirette della prima guerra mondiale e fautrici della sua continuazione nella seconda guerra e delle dinamiche internazionali che ne seguirono. Le conseguenze geopolitiche furono devastanti tanto quanto lo furono quelle morali, umane, fisiche che si riversarono su persone, famiglie, città.

Oggi la situazione è in modo simile potenzialmente foriera di conseguenze devastanti sul piano globale, sul medio e lungo periodo, se la guerra in Ucraina continua.

Conseguenze del conflitto

L’assetto dittatoriale interno alla Russia si è andato sempre più rafforzando con la militarizzazione del paese: questo va dalla chiamata alle armi di un numero sempre maggiore di cittadini alle ondate di nazionalismo becero rovesciate sugli allievi delle scuole di ogni ordine e grado, e per quanto l’occidente speri nello sviluppo di una crescente resistenza interna, questa è lungi dal potersi consolidare ( si ricordi che l’Unione Sovietica non fu rovesciata dalla pur a volte eroica resistenza interna di alcuni cittadini dissidenti, ma da decisioni di vertice). L’economia russa è stata in gran parte ulteriormente orientata alla produzione bellica, mentre con speculare vicenda anche le industrie di armi occidentali fanno affari d’oro. E conferire ai complessi militari-industriali un potere economico ancora maggiore di quello che già hanno non fa che corrodere il funzionamento istituzionale dei paesi: minando le democrazie occidentali e rafforzando le già prospere mafie russe.

E si diffonde il contagio bellicista. Già oggi si nota che anche a seguito dei rivolgimenti in Ucraina altri paesi pur non direttamente coinvolti, come la Cina e di riflesso anche l’India (che della prima è avversaria), hanno continuato ad aumentare i propri investimenti in armi. Inoltre non è irragionevole supporre che altri fatti come l’eccidio di israeliani perpetrato da Hamas nell’ottobre del 2023 scatenando un nuovo conflitto in Medio Oriente non siano totalmente estranei alla guerra in Ucraina. Poiché questa è intesa da molti (a partire dalla dirigenza russa beninteso), come un attacco frontale a tutto il mondo occidentale, è plausibile supporre che anche altri la abbiano vista come un’opportunità per mobilitarsi cercando di raggiungere i propri obiettivi anti occidentali.

Arginare il conflitto

Anche per questa tendenza all’espansione del conflitto ad altre regioni del mondo sarebbe opportuno seguire l’appello di papa Francesco e arginare la guerra in Ucraina. E per ottenere tale obiettivo non v’è altra possibilità se non scendere a patti con la Russia di Putin, il che ovviamente comporta di considerare la possibilità di cedere i territori conquistati nelle zone russofone e in prevalenza russofile. Se questo passo non viene compiuto, tutto sta a indicare che la guerra non farà che prolungarsi erodendo le risorse ucraine, in un processo che spingerà il mondo occidentale a coinvolgersi sempre di più nel conflitto. E il problema cui questo si troverà di fronte, qualora venisse coinvolto in via diretta, è che la Russia non può essere sconfitta dalla Nato: per via dell’estensione del suo territorio e della sua capacità di mobilitazione militare già più volte dimostrata nella storia quando è stata invasa.

L’unico paese che può ragionevolmente pensare di soverchiare la Russia in un conflitto armato è la Cina: per il semplice fatto che questa condivide con la Russia un confine di oltre quattromila chilometri a nord del quale la densità di popolazione è minima (2,8 persone per kmq) mentre a sud la densità della popolazione cinese è di 152 persone per kmq. Nelle condizioni attuali, in cui la tecnologia militare cinese è giunta a essere comparabile con quella russa così come anche le sue capacità di utilizzo dello spazio orbitale, col suo peso demografico di otre 1,4 miliardi di persone, la Cina potrebbe invadere con successo lo spopolato territorio siberiano. E la relativamente esigua popolazione russa ben poco potrebbe fare per impedirlo. Tanto meno ora, quando la Russia pur col suo rilevante potere militare, ha mostrato di non essere in grado di mettere facilmente in ginocchio un paese relativamente più piccolo e meno dotato di strumenti bellici come l’Ucraina.

Perché la pace conviene anche alla Russia

La Russia è cosciente della potenziale minaccia cinese e del fatto che le difficoltà che ha incontrato in Ucraina hanno mostrato i propri limiti. Ed è per questo che anche alla Russia ora conviene mettere fine al conflitto con l’Ucraina: se vi restasse invischiata troppo a lungo, e se questo favorisse l’ulteriore diffondersi di conflitti nel mondo, prima o poi la Cina potrebbe voler innanzitutto recuperare i territori che la Russia le sottrasse nell’800 (la Manciuria esterna) e poi magari, una volta assaggiato il boccone, potrebbe voler a sua volta annettere altri territori siberiani, in prospettiva utili per i commerci e per la ricchezza del sottosuolo.

Insomma, anche se la proposta di papa Francesco che l’Ucraina alzi bandiera bianca suona irrispettosa verso il popolo ucraino che già tanto ha pagato per difendere la propria sovranità, in realtà è tempestiva, stante lo stallo attuale del conflitto che non lascia intravedere possibilità di risoluzione alcuna sul piano militare al di là di una sua progressiva e pericolosa espansione che non farebbe che danneggiare tutte le parti in causa e non solo loro.

Le ragioni morali non sono petizioni astratte, anzi, riguardano gli effetti di lungo termine delle azioni oggi compiute.

Possibili guadagni

L’unica obiezione con cui si potrebbe legittimamente controbattere le parole del papa, è che cedendo pur poco alla Russia – com’è inevitabile fare se si vuole concordare la pace – è che le tali concessioni non farebbero che spingere questa a invadere altri paesi (lo spettro di quanto avvenuto alla conferenza di Monaco del ’38).

Ma vale la pena provare, anche per il semplice fatto che se il governo della Russia in futuro dovesse lanciarsi in altre avventure militari ancor più rischiose di quella in Ucraina (e meno giustificabili agli occhi della sua stessa popolazione), si troverebbe in modo ancor più palese dalla parte del torto. Questo darebbe forza all’oggi ancor esigua resistenza interna verso il potere dittatoriale di stampo postzarista e post sovietico che attualmente ha il volto di Putin. Inoltre spingerebbe altri paesi che oggi tendono all’equidistanza (ad esempio: i Brics), a schierarsi contro l’invasore.

Se la guerra provoca ondate di influssi che spingono al conflitto anche in altre parti del mondo, similmente la pace può spiegare le sue ali su più vasti orizzonti, raffreddando le tensioni che covano e che possono emergere anche in altre regioni.

Se sul breve periodo dalla guerra ricavano profitti solo i mercenari e i produttori e trafficanti di armi, sul medio-lungo periodo dalla pace tutti possono guadagnare, tranne i trafficanti di morte.

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