Governare il mondo con competenza e responsabilità. Cosa possono ancora insegnarci Antonino Pio e Marco Aurelio

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Nel suo ultimo libro, il grande archeologo Andrea Carandini analizza il delicatissimo passaggio di poteri da Antonino Pio, che ha governato durante il massimo sviluppo dell’impero romano, a Marco Aurelio, che dovrà invece fronteggiare un mondo assediato da barbari sempre più aggressivi e dalla nuova religione cristiana. Il duro apprendistato per prepararsi a gestire la più grande potenza del mondo antico è di un’attualità sconvolgente, se paragonato alla superficialità e all’incompetenza della classe politica di oggi.
Quella che potrebbe sembrare una trattazione approfondita e competente, ma rivolta al pubblico ristretto dei colti studiosi delle antichità greco-romane, è in realtà uno specchio utilissimo per scandagliare le convulsioni che agitano il mondo di oggi, attanagliato da una crisi profonda ben prima dello scoppio della pandemia di Covid-19. Approfondire la complessa strategia, con la quale il maestro Antonino Pio prepara minuziosamente alla successione l’allievo Marco Aurelio, può aiutarci a capire gli scontri e le attuali tensioni internazionali. Le macchinose alchimie del potere imperiale romano ci forniscono una chiave di lettura per questo drammatico secondo decennio del nuovo secolo, basta smettere di chiamare così la Repubblica popolare cinese e usare, invece, la più corretta definizione di Celeste impero. Lo stesso principio potrebbe essere applicato per la Russia di Putin, un vero e proprio zar moderno, e per la Turchia di Erdogan, che sta cercando di riportare in vita il defunto Impero ottomano.
La storiografia filosenatoria ci tramanda che negli anni intercorsi tra il 96 e il 180 d.C., tra gli imperatori “cattivi” Domiziano e Commodo, si sono succeduti cinque imperatori “ottimi e buoni”: Nerva, Traiano, Adriano, Antonino Pio e Marco Aurelio. Non è casuale che nessuno di questi imperatori fosse figlio del predecessore perché, grazie all’accorta strategia dell’adozione, era possibile individuare ed educare il candidato che avesse le migliori qualità, a prescindere dai legami di sangue. L’ascesa al trono veniva quindi ottenuta tramite l’adozione ma era anche fondamentale l’unione matrimoniale con donne della casata imperiale. Adriano e Antonino sposeranno discendenti di Ulpia Marciana, sorella di Traiano, mentre Marco Aurelio prenderà in moglie Anna Galeria Faustina, la figlia di Antonino.

Imparare l’arte del buon governo

Adriano era stato adottato da Nerva e, a sua volta, aveva deciso di scegliere Antonino, dopo la morte prematura di Ceionio. Il candidato all’adozione era esperto nella conduzione agricola e, oltre ad aver gestito in modo egregio la propria fortuna, vantava una notevole esperienza amministrativa tra Lazio ed Etruria, in Asia e a Roma. Durante i consigli, Antonino prendeva la parola e veniva apprezzato da Adriano per l’integrità e la moderazione delle proposte, per la competenza amministrativa e per il suo sostegno costante al partito che sosteneva la pace. Si era anche guadagnato il soprannome di “tagliatore di cumino” (oggi diremmo che “spaccava il capello in quattro”), poiché studiava e approfondiva ogni questione, in modo da prendere decisioni ponderate e competenti.
Salito al trono, Antonino mostrò di possedere gusti semplici: amava vendemmiare, pescare, cacciare, passeggiare e conversare con gli amici. Vestiva modestamente e arrivò a sostenere che anche a palazzo si potesse fare a meno di guardie, torce, statue e abiti splendenti. Seguendo gli insegnamenti della filosofia stoica, Antonino mirava all’equità, all’umanità, alla giustizia e alla clemenza. E questa visione si concretizza nelle misure legislative riguardanti la famiglia che tendono a mitigare il rigore della patria potestas, impediscono al padre di imporre un divorzio al figlio e consentono alla madre divorziata il diritto di crescere i figli, anche se il marito fosse stato contrario. Per quanto riguarda l’amministrazione della giustizia, Antonino difendeva la presunzione di innocenza e chiedeva ai magistrati di non considerare colpevole un semplice accusato. Limitò l’uso della tortura, imponendo che fossero risparmiati i minori di quattordici anni e coloro che avessero reso piena confessione.
Per quanto riguarda le sue qualità di amministratore, citiamo direttamente l’autore, non senza notare una straordinaria assonanza con i dibattiti politici dell’Italia di oggi:
Antonino è stato un principe economo e generoso. Prestava somme tratte dal proprio patrimonio al 4 invece che tra il 6 e il 12 per cento di interesse. Conosceva quanto si poteva ricavare da ciascuna provincia. Privava del salario i nullafacenti, perché nulla gli pareva più vergognoso di un uomo che vivesse alle dipendenze della cosa pubblica senza apportarle con il proprio lavoro beneficio alcuno; perciò ha soppresso le sovvenzioni statali a molti fannulloni affermando: «Non vi è cosa più turpe e ingiusta che dare lo Stato in pasto a roditori improduttivi»; per questa ragione ha diminuito la pensione al poeta lirico Mesomede di Creta”.
Divenuto imperatore, Antonino adotta, seguendo le volontà di Adriano, Marco Elio Aurelio

Statua equestre di Marco Aurelio (copia), collocata sulla piazza del Campidoglio. Il pensiero di questo imperatore-filosofo fu studiato e ammirato da politici e scrittori come Federico II di Prussia, Goethe, Leopardi, Schopenhauer, Tolstoj e Simone Veil.

Vero, che diverrà il suo successore con nome di Marco Aurelio. Al pari del suo predecessore, anche l’imperatore-filosofo aveva costumi austeri e un amore appassionato per la conoscenza che lo portò ad avere rapporti molto stretti con i suoi insegnanti, come Frontone, a cui continuò a scrivere anche diverse lettere al giorno, e Claudio Severo, un filosofo peripatetico, tanto amico di Marco che suo figlio ne sposerà la figlia Annia Galeria Aurelia Faustina. Fu Claudio Severo a spiegare a Marco Aurelio l’opposizione stoica ai cattivi imperatori del I secolo, specialmente a Nerone e Domiziano, e gli insegnò l’idea di uno Stato con leggi uguali per tutti, governato secondo princìpi di uguaglianza e libertà di parola, e l’idea di una monarchia rispettosa delle libertà dei governati.
L’idea che Marco Aurelio aveva del potere e del ruolo di chi lo esercitava è espressa magistralmente dai suoi Pensieri:
Bada a non cesarizzarti[…], perché capita. Mantieniti semplice, buono, integro, grave, non ricercato, amico della giustizia, pio, benevolo, affettuoso, energico nel compiere le azioni che ti si addicono[…], quale volle farti la filosofia[…], una disposizione mentale improntata a santità e azioni rivolte al bene della società. Fa’ ogni cosa come discepolo di Antonino” (VI, 30).

La lezione per il mondo moderno

Alla fine della sua analisi, Carandini ricorda come Isaiah Berlin avesse individuato tre grandi svolte ideali che si sono verificate nella storia tra i Greci e il mondo moderno: il IV secolo a.C. in Grecia, il Rinascimento in Italia e il Romanticismo alla fine del Settecento in Germania. Durante l’ellenismo avvenne uno sviluppo importantissimo, grazie al quale l’etica non fu più dedotta soltanto dalla morale della polis, e quindi dalla dimensione pubblica, ma acquisì una dimensione propria e privata, aprendo le porte alla concezione moderna delle libertà, teorizzata per la prima volta da Benjamin Constant nel 1819. L’autore sottolinea l’immensa portata di questa svolta affermando che “l’etica personale non veniva più dedotta dalla morale sociale, non era più un ramo della politica, anche se agiva bene sulla politica stessa. L’intero esteriore non precedeva più le parti, cioè le interiorità dei cittadini…Eppure, senza l’Ellenismo e le successive due altre grandi svolte avvenute in Italia e in Germania, la modernità non sarebbe nata, come infatti altrove non è nata, e di qui la centralità della tradizione antica, rinascimentale e romantica – pagana, cristiana e laica – per la civiltà europea e americana nell’Occidente”.
Inoltre, leggendo le pagine del grande archeologo, che usa una prosa sapida che evita come la peste le ipocrisie del politically correct, non possiamo esimerci dal paragonare la posatezza e la saggezza espresse dalle parole e dalle azioni dei due imperatori, con la superficialità, la faciloneria e l’incompetenza di personaggi che ricoprono oggi altissime cariche politiche ma non possiedono le qualità adeguate per le delicatissime mansioni che svolgono. Una volta il mondo era retto da imperatori come Antonino Pio o Marco Aurelio, che si erano lungamente preparati al ruolo che avrebbero dovuto ricoprire, mentre oggi, purtroppo, dobbiamo accontentarci di molto meno. Possiamo dire a ragion veduta Sic transit gloria mundi.
Il libro è integrato da un ampio corredo di contesti a cura di Niccolò Cecconi, Maria Teresa D’Alessio, Tommaso Della Seta e Marco Galli, arricchito da numerose fotografie e svariate tavole che aiutano il lettore a ricostruire il contesto culturale e architettonico del periodo.
di Galliano Maria Speri
Andrea Carandini
Antonino Pio e Marco Aurelio
Maestro e allievo all’apice dell’impero
Rizzoli, pp. 432, € 24

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